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del fascicolo - Cedam

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520<br />

RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE<br />

legge a fronte dei comportamenti anticoncorrenziali di volta in volta considerati,<br />

in definitiva, ogni qualvolta venga richiesta l’attuazione di norme antitrust,<br />

vi è sempre l’accertamento <strong>del</strong> medesimo rapporto giuridico intercorrente tra il<br />

soggetto, o i soggetti che hanno violato le disposizioni sulla concorrenza, e coloro<br />

che hanno subito le conseguenze di tali violazioni, ossia <strong>del</strong>l’obbligo di<br />

astenersi da comportamenti vietati dalle regole sulla concorrenza. Non a caso le<br />

Sezioni Unite hanno recentemente eletto quale unico dato rilevante, ai fini<br />

<strong>del</strong>l’individuazione <strong>del</strong>la competenza per materia <strong>del</strong>le Corti d’Appello, proprio<br />

il fatto che la domanda proposta in giudizio abbia ad oggetto l’accertamento di<br />

violazioni antitrust, al di là <strong>del</strong>lo specifico rimedio fatto valere in tale sede (57).<br />

Per questo motivo, ove si ritenga che debbano essere proposti avanti a<br />

giudici diversi, rispettivamente, il processo avente ad oggetto l’accertamento<br />

<strong>del</strong>la nullità di un’intesa vietata ai sensi <strong>del</strong>l’art. 2 legge antitrust e la domanda<br />

inibitoria, la contestuale proposizione dei rimedi di cui all’art. 33 legge antitrust<br />

e di quello inibitorio darebbe luogo ad una pluralità di cause tra loro parzialmente<br />

identiche, perché aventi ad oggetto l’accertamento di violazioni antitrust<br />

(identità che si riferisce, quindi, a parte <strong>del</strong> petitum e alla causa petendi), che<br />

vedrebbero altresì il concorso di ulteriori fatti costitutivi richiesti dal tipo di rimedio<br />

fatto valere e consistenti nell’esistenza di un danno potenziale o effettivo,<br />

a seconda che si tratti di una domanda inibitoria o risarcitoria, nella sfera <strong>del</strong><br />

soggetto leso dall’attività anticoncorrenziale e <strong>del</strong> relativo nesso di causalità<br />

(58).<br />

––––––––––––<br />

astenersene per il futuro, posto che sia l’inibitoria, sia il risarcimento <strong>del</strong> danno, presuppongono<br />

l’accertamento <strong>del</strong>la violazione e quindi l’inibitoria. Tuttavia, occorre considerare<br />

che il petitum <strong>del</strong>la domanda inibitoria, ossia di un provvedimento contenente<br />

l’ordine di cessare un comportamento illecito, non è riconducibile a quello <strong>del</strong>le domande<br />

di nullità e/o di risarcimento <strong>del</strong> danno. E, d’altra parte, accanto alla violazione <strong>del</strong>le<br />

norme antitrust (su cui si fondano le domande espressamente contemplate nell’art. 33<br />

legge n. 287/90) le misure inibitorie potranno essere concesse solo ove ricorrano gli ulteriori<br />

elementi <strong>del</strong>la probabilità <strong>del</strong> danno e <strong>del</strong> nesso di causalità tra quest’ultimo e la<br />

condotta illecita <strong>del</strong> soggetto che ha violato le disposizioni antitrust.<br />

(57) Cfr. Cass., sez. un., 4 febbraio 2005, n. 2207, cit.<br />

(58) App. Roma, 25 giugno 1993, in Tavassi-Scuffi, Diritto processuale antitrust,<br />

cit., Appendice II, 522 ss., nel negare la litispendenza tra un giudizio promosso avanti il<br />

Tribunale e avente ad oggetto l’accertamento e l’inibitoria di cui agli artt. 2598 s. c.c. e<br />

un giudizio avanti la Corte d’Appello per ottenere la declaratoria di nullità <strong>del</strong>le intese in<br />

relazione al medesimo comportamento anticoncorrenziale, ha ritenuto che in tale fattispecie<br />

non ricorresse l’identità di alcuno degli elementi oggettivi <strong>del</strong>le rispettive cause, affermando<br />

la diversità <strong>del</strong>la causa petendi (quella cioè <strong>del</strong>la concorrenza sleale di cui<br />

all’art. 2598 c.c. e non quella di cui all’art. 2, comma 3°, legge n. 287 <strong>del</strong> 1990) e <strong>del</strong> petitum<br />

(i.e. l’inibitoria di cui all’art. 2599 c.c. e non la nullità). L’argomentazione appena<br />

richiamata non convince riguardo alla diversità tout court <strong>del</strong>la causa petendi, poiché con<br />

riferimento ai comportamenti anticoncorrenziali vietati da specifiche disposizioni <strong>del</strong>la

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