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del fascicolo - Cedam

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FORME DEL PROCEDIMENTO E FUNZIONE DELLA PROVA ECC. 425<br />

retta e razionale costruzione <strong>del</strong> giudizio di fatto (dunque per una « decisione<br />

giusta », stando all’equazione di Michele Taruffo).<br />

Oppure si può pensare che il discorso di Chiovenda fosse semplicemente<br />

sbagliato, nel metodo e nel merito, perché in realtà non esiste alcun apprezzabile<br />

rapporto tra « forme <strong>del</strong> procedimento » e « funzione <strong>del</strong>la prova ». Il principio<br />

<strong>del</strong> libero convincimento, conquista irreversibile <strong>del</strong>la civiltà giuridica<br />

moderna, può sopravvivere intatto e identico a sé stesso, sia che il giudice percepisca<br />

in udienza il « tuono <strong>del</strong>la voce » dei testimoni, sia che ne legga le deposizioni,<br />

magari tradotte nel linguaggio surreale dei nostri verbali.<br />

Ora, proprio quest’ultima mi sembra essere l’opinione implicitamente prevalente<br />

ai nostri giorni, presso gli autori che affrontano il tema <strong>del</strong> libero convincimento<br />

giudiziale e <strong>del</strong>la razionalizzazione <strong>del</strong> giudizio di fatto (si è molto<br />

parlato in questi anni di « ragionamento probatorio ») senza nel contempo dedicare<br />

particolare attenzione al modo in cui vengono raccolte le informazioni utilizzabili<br />

per il giudizio.<br />

Il percorso argomentativo abituale è più o meno il seguente. Il principio<br />

<strong>del</strong> libero convincimento è sacro, e rimetterlo in discussione in nome <strong>del</strong>la<br />

« legalità <strong>del</strong>la prova » ci farebbe ripiombare nella barbarie « medioevale ». Nel<br />

contempo deve però essere evitata anche un’interpretazione troppo letterale <strong>del</strong><br />

dogma <strong>del</strong>l’« intima convinzione », e pertanto rintuzzato ogni cedimento verso<br />

forme di intuizionismo, o irrazionalismo, o fatalistica rassegnazione di fronte<br />

all’imprevedibilità di ogni decisione giudiziale sul fatto. Infine, non si deve<br />

nemmeno credere che la funzione <strong>del</strong>la prova sia quella di persuadere il giudice:<br />

non sia mai, questi sono cattivi pensieri, che possono venire in mente solo<br />

agli avvocati e ai filosofi <strong>del</strong>la nouvelle rhétorique.<br />

Il « libero convincimento » non può tuttavia avere solo un significato negativo,<br />

per rapporto a tutte queste aberrazioni: deve avere anche un significato<br />

positivo, se si vuole che il giudizio di fatto sia un’operazione razionale, assoggettabile<br />

al controllo <strong>del</strong>le parti e dei giudici <strong>del</strong>le impugnazioni, quando esistono,<br />

nonché naturalmente al controllo « diffuso » <strong>del</strong>la collettività nel cui nome<br />

si pronunciano le sentenze.<br />

Ma allora, così prosegue l’argomentazione, se i parametri di questa indispensabile<br />

razionalità non possono essere dettati dalla legge, bisognerà ricavarli<br />

aliunde: dall’epistemologia, dalla logica formale, dalle teorie <strong>del</strong>la probabilità,<br />

dalle scienze statistiche, dalla metodologia <strong>del</strong>la ricerca empirica.<br />

Storicamente, i giuristi hanno sempre ottusamente pensato che il tema<br />

<strong>del</strong>la conoscenza <strong>del</strong> fatto, cioè <strong>del</strong>l’« accertamento <strong>del</strong>la verità », nel processo<br />

si identifichi con il diritto <strong>del</strong>le prove. Ma non è così: perché il giudice,<br />

di fronte all’accertamento di un fatto storico (o più esattamente alla verifica<br />

<strong>del</strong>le proposizioni che affermano o negano l’esistenza di quel fatto), si<br />

trova in via di principio nella stessa situazione di chiunque debba raggiungere<br />

una conclusione o formulare una decisione sulla base di fatti non immediatamente<br />

evidenti. La cognizione <strong>del</strong> giudice dunque subirà bensì limiti e<br />

condizionamenti vari (il minor numero possibile, per carità, come voleva

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