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del fascicolo - Cedam

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548<br />

RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE<br />

bliche funzioni e atti negoziali iure privatorum sia un principio ormai pienamente<br />

affermato, ma solamente che il principio medesimo è in via di iniziale<br />

affermazione.<br />

Con la sentenza 1° luglio 1994, la Court of Appeals for the District of Columbia<br />

Circuit, occupandosi nuovamente <strong>del</strong> caso Princz v. Federal Republic of<br />

Germany, ha infatti ribaltato il giudizio di primo grado e ha accordato l’immunità<br />

alla Germania, dimostrando tra l’altro l’inconsistenza logica <strong>del</strong>l’argomento<br />

secondo il quale l’adesione ad accordi miranti a garantire protezione ai diritti<br />

umani fondamentali comporti una rinuncia implicita all’immunità qualora uno<br />

Stato parte si renda esso stesso responsabile <strong>del</strong>la violazione dei medesimi diritti<br />

(48). Per quanto riguarda ciò che è stato asserito dalla Cassazione greca,<br />

bisogna rilevare come la procedura esecutiva intrapresa dai ricorrenti vincitori<br />

nel merito, avviata ugualmente nonostante fosse stata negata la prescritta preventiva<br />

autorizzazione <strong>del</strong> Ministro <strong>del</strong>la Giustizia, sia stata prima sospesa e in<br />

seguito, dopo alterne prese di posizione, definitivamente bloccata (49). Il 17<br />

––––––––––––<br />

(48) In International Legal Reports 1996, 604 ss. Cfr. però l’opinione dissidente <strong>del</strong><br />

Circuit Judge Wald, il quale ribadisce che « Germany waived its sovereign immunity by<br />

violating the jus cogens norms of international law concerning enslavement and genocide.<br />

A jus cogens norm, also known as a “peremptory norm” of international law, “is a<br />

norm accepted and recognized by the international community of States as a whole as a<br />

norm from which no derogation is permitted and which can be modified only by a subsequent<br />

norm of general international law having the same character” ». Per una più approfondita<br />

disamina in merito alla portata <strong>del</strong>la sentenza Princz <strong>del</strong> 1994 si rinvia ai contributi<br />

offerti dagli Autori già citati in precedenza alla nt. 43.<br />

(49) L’espropriazione immobiliare, che aveva inizialmente determinato il pignoramento<br />

<strong>del</strong>la sede <strong>del</strong> Goethe-Institut ad Atene (e che era stato ipotizzato potesse essere<br />

esperita anche nei confronti <strong>del</strong>le Deutsche Schulen di Atene e Salonicco nonché<br />

<strong>del</strong>l’Istituto archeologico tedesco situato nella stessa capitale greca), venne infatti interrotta<br />

dal Tribunale di prima istanza di Atene (sentenza 19 settembre 2000, n. 8206) in<br />

seguito alla presentazione di un atto di opposizione da parte <strong>del</strong>la Germania motivato<br />

dalla mancanza <strong>del</strong>l’autorizzazione governativa prevista dall’art. 923 <strong>del</strong> Codice di procedura<br />

civile greco, anche se poi lo stesso Tribunale, con sentenze 10 luglio 2001, nn.<br />

3666 e 3667, ritenne che l’art. 923 fosse contrario all’art. 6, par. 1 <strong>del</strong>la Convenzione<br />

europea dei diritti <strong>del</strong>l’uomo e all’art. 2, par. 3 <strong>del</strong> Patto internazionale relativo ai diritti<br />

civili e politici <strong>del</strong> 1966, e rigettò quindi l’opposizione suddetta. Una seconda sospensione<br />

venne decisa il 18 luglio 2001 su richiesta <strong>del</strong>lo Stato tedesco, che nel frattempo aveva<br />

impugnato la decisione <strong>del</strong> Tribunale di prima istanza a esso sfavorevole. Con sentenze<br />

14 settembre 2001, nn. 4867 e 4868, la Corte d’Appello (Εφετείο) di Atene riformò il<br />

giudizio di primo grado, confermando l’opposizione formulata dalla Germania, e rilevò<br />

che l’art. 923 assolveva al fine generale di evitare le controversie tra Stati e di favorire le<br />

relazioni internazionali e che l’autorizzazione ministeriale non inficiava il diritto a una<br />

protezione effettiva. La pronuncia <strong>del</strong>l’Εφετείο è stata infine definitivamente confermata<br />

dalla Corte Suprema di Cassazione con le sentenze 28 giugno 2002, nn. 36 e 37 (cfr.<br />

Ronzitti, Compensation for Violations, cit., 41; Vournas, Prefecture of Voiotia v. Federal

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