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del fascicolo - Cedam

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432<br />

RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE<br />

Prima di tutto, allora, sarà necessario distinguere per quanto possibile,<br />

nell’àmbito di queste « prove lontane », tra quelle che si sono formate, oltre che<br />

altrove, anche ad altri fini o in funzione di altri giudizi (ad es. quelle raccolte in<br />

un processo penale), e sono importate nel giudizio ad quem in forma documentale,<br />

come « prove atipiche »; e quelle che invece si sono formate in funzione di<br />

questo specifico giudizio di merito (come le prove assunte in via preventiva),<br />

ovvero nel contesto di esso ma non in presenza e sotto il controllo diretto <strong>del</strong><br />

giudice <strong>del</strong> fatto (come sostanzialmente tutte le prove costituende in un processo<br />

« scritto » in senso chiovendiano).<br />

In questa seconda serie di ipotesi, la legge processuale potrà e dovrà dettare<br />

modalità rigorose di formazione <strong>del</strong>la prova nel rispetto <strong>del</strong> contraddittorio<br />

(ometto per brevità ulteriori analisi e specificazioni); ma dovrà anche e soprattutto<br />

fare sì che la prova destinata ad essere conosciuta dal giudice solo<br />

« traverso i verbali » gli arrivi in condizioni di accettabile integrità e « freschezza<br />

». Risultato, questo, che non è certo garantito dagli illeggibili ed inverosimili<br />

verbali manoscritti <strong>del</strong>le nostre cause civili, obbrobrio che nessuna esigenza di<br />

economia può giustificare.<br />

Ma se invece si pensa alle varie e più evolute forme di registrazione e conservazione<br />

<strong>del</strong>la prova già sperimentate anche da noi nel processo penale e nella<br />

prassi dei procedimenti arbitrali (stenotipia, registrazione magnetica, fonoscrittura,<br />

etc.), non è detto che non possano derivarne per il « prudente apprezzamento<br />

» <strong>del</strong> giudice <strong>del</strong> fatto risultati anche migliori di quelli <strong>del</strong>la teatrale immediatezza<br />

chiovendiana. (Qualche volta può capitare anche a un laudator temporis<br />

acti di guardare con favore al progresso tecnologico. Non c’è contraddizione:<br />

i verbali dei notai medioevali erano splendidamente analitici).<br />

Nel caso <strong>del</strong>le vere « prove atipiche », invece, la disciplina <strong>del</strong>le modalità<br />

di formazione <strong>del</strong>la prova rimarrà inevitabilmente estranea al regolamento <strong>del</strong><br />

processo ad quem, che pertanto potrà soltanto occuparsi <strong>del</strong>le condizioni e dei<br />

limiti di utilizzabilità <strong>del</strong> loro risultato. Ma non certo attribuendo espressamente<br />

alla prova atipica una efficacia inferiore, come contraddittoriamente è stato proposto<br />

proprio da qualche nemico <strong>del</strong>le « prove legali », bensì mediante ragionevoli<br />

« regole di esclusione » imperniate soprattutto sulla costituzione <strong>del</strong> contraddittorio<br />

nella sede donde la prova proviene. Ovvero, se queste regole non si<br />

ritengono concretamente praticabili, almeno offrendo al giudice – proprio grazie<br />

all’impiego dei più affinati strumenti di raccolta e di conservazione <strong>del</strong>le<br />

prove « tipiche », di cui si è detto – la possibilità di sottoporre a razionale ed<br />

utile confronto critico, ovunque possibile, le risultanze acquisite attraverso<br />

l’uno e l’altro percorso. Il che per lo meno eviterebbe il paradosso, al quale oggi<br />

capita di assistere, per il quale la prova atipica, proveniente da altra precedente<br />

e autonoma sede (un processo penale, un processo estero, un arbitrato) si presenta<br />

in realtà molto migliore (più completa, più intelligibile) di quella appositamente<br />

formata nel processo dove ora si tratta di valutarla.<br />

BRUNO CAVALLONE

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