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del fascicolo - Cedam

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L’ESTINZIONE DEL PROCESSO SOCIETARIO 591<br />

E ciò a tacere <strong>del</strong> fatto che optare per l’estinzione <strong>del</strong> processo significherebbe<br />

accentuare l’autoritarismo di un rito che, invece, come si è già detto in<br />

precedenza, si propone « una complessiva “liberalizzazione” di questa fase preparatoria<br />

» (77).<br />

13. – Giunti alla fine <strong>del</strong>la nostra indagine con la quale si è tentato di gettare<br />

un po’ di luce sulla oscura, lacunosa e controversa disciplina <strong>del</strong>l’estinzione<br />

dettata per il processo societario, possiamo trarre alcune conclusioni.<br />

Ferma la bontà e apprezzabilità <strong>del</strong>l’impostazione <strong>del</strong>la fase introduttiva<br />

<strong>del</strong> nuovo rito, non può certamente dirsi che sia stata realizzata, neanche in<br />

parte, la valorizzazione <strong>del</strong> principio dispositivo, che pure rappresentava uno<br />

dei punti nodali <strong>del</strong>la riforma. Viceversa, è stato senza dubbio alcuno raggiunto<br />

il traguardo <strong>del</strong>la « riduzione dei termini (rectius: tempi) processuali » (78) che<br />

è stato attuato attraverso una sorta di « contingentamento <strong>del</strong>la durata <strong>del</strong>la fase<br />

preliminare » (79).<br />

La verità è che il legislatore <strong>del</strong>egato sembrerebbe essersi preoccupato più<br />

di arginare il principio dispositivo che di valorizzarlo. Egli, piuttosto che portare<br />

sino in fondo la scelta di adottare un mo<strong>del</strong>lo processuale fondato sulla autoresponsabilità<br />

<strong>del</strong>le parti e recidere coraggiosamente ogni legame con la recente<br />

tradizione, ha commesso l’errore di inserire in un mo<strong>del</strong>lo processuale liberale e<br />

garantista, quale quello <strong>del</strong> procedimento formale <strong>del</strong> 1865, istituti e metodi<br />

propri <strong>del</strong> processo autoritario <strong>del</strong> 1940. Ne è risultato un rito fondato sul compromesso<br />

tra due ideologie agli antipodi e che, quindi, anziché avere due anime<br />

non ne ha neanche una: si evita che si incorra nella mors litis se nessuna <strong>del</strong>le<br />

parti si costituisce, ma poi si fa estinguere il processo se l’attore si sia costituito<br />

tardivamente e il convenuto tempestivamente; si dà alle parti la facoltà di regolare<br />

al di fuori <strong>del</strong>l’udienza uno scambio di memorie da attuarsi entro termini<br />

minimi, ma poi si limita la durata di questo scambio sanzionando il superamento<br />

dei limiti temporali con l’estinzione che, però, non può essere rilevata<br />

d’ufficio se non in casi eccezionali.<br />

In conclusione, è forse stata persa una buona occasione per restituire, dopo<br />

sessant’anni, il processo civile nelle mani <strong>del</strong>le parti. L’auspicio è che il legislatore,<br />

in un prossimo futuro, avendo verificato, anche alla luce <strong>del</strong>l’esperienza<br />

applicativa <strong>del</strong> nuovo rito, che lasciare spazio alle parti (rectius: ai loro patroni)<br />

non significa affatto ridimensionare il ruolo dei giudici né abbandonare il processo<br />

a se stesso o peggio farlo diventare il « comodino degli avvocati », cor-<br />

––––––––––––<br />

(77) Così Balena, Prime impressioni, cit., p. 2204.<br />

(78) Così la Relazione al d.lgs. n. 5 <strong>del</strong> 2003, cit., parafrasando l’art. 12, comma 2°,<br />

lett. a), legge 3 ottobre 2001, n. 366, recante la « Delega al Governo per la riforma <strong>del</strong><br />

diritto societario ».<br />

(79) Così sempre la Relazione al d.lgs. n. 5 <strong>del</strong> 2003, cit.

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