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del fascicolo - Cedam

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728<br />

RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE<br />

(1-4) Sui poteri ufficiosi <strong>del</strong> giudice in tema di interruzione <strong>del</strong>la<br />

prescrizione e di riduzione <strong>del</strong>la penale<br />

1. – Le due decisioni qui pubblicate sono importantissime, perché le Sezioni<br />

Unite intervengono su uno dei profili centrali <strong>del</strong> processo: quello <strong>del</strong>la distinzione<br />

tra ciò che il giudice può rilevare e disporre d’ufficio e ciò che il giudice può<br />

rilevare e disporre soltanto su istanza <strong>del</strong>la parte interessata. Il quesito è sempre di<br />

grande rilievo, quale che sia la struttura <strong>del</strong> procedimento. Ma in un processo come<br />

il nostro, nel quale le istanze di parte sono sottoposte a rigide preclusioni cui<br />

sfugge l’esercizio dei poteri attribuiti al giudice, l’importanza <strong>del</strong>la questione è<br />

ulteriormente sottolineata: se l’istanza di parte è necessaria, preclusioni e decadenze<br />

particolarmente rigide sono in agguato. Per tale motivo, le due decisioni<br />

non soltanto costituiscono un contributo alla costruzione dei principi che presiedono<br />

al rapporto dialettico parti-giudice, ma anche recano un colpo all’ambito di<br />

applicazione <strong>del</strong>le preclusioni: esse fanno capire che, in certa misura, il nostro<br />

processo è meno « precluso » di quanto potrebbe sembrare a prima vista.<br />

Con la prima <strong>del</strong>le due sentenze (la n. 15661/2005), le Sezioni Unite affrontano<br />

il problema di fronte alla controeccezione con la quale l’attore, essendosi<br />

sentito eccepire la prescrizione dal convenuto, si avvale di un fatto interruttivo di<br />

tale prescrizione: secondo la Corte, <strong>del</strong> fatto interruttivo il giudice deve tener<br />

conto (si capisce, se esso emerge in qualsiasi modo dagli atti <strong>del</strong> processo), anche<br />

se l’attore non lo chiede. La Corte applica alla controeccezione <strong>del</strong>l’attore la stessa<br />

distinzione tra eccezioni in senso proprio (ancorate alla necessaria istanza <strong>del</strong>la<br />

parte) ed eccezioni in senso improprio (rilevabili d’ufficio), che la dottrina classica<br />

ha elaborato a proposito <strong>del</strong>le eccezioni <strong>del</strong> convenuto; afferma che – salva<br />

diversa disposizione di legge – l’eccezione può essere definita come « in senso<br />

proprio » soltanto nelle ipotesi nelle quali il fatto favorevole al convenuto, se dedotto<br />

in via di azione, darebbe vita ad una domanda costitutiva (come sostenuto<br />

da autorevole dottrina) (1); e conclude che la controeccezione di interruzione<br />

<strong>del</strong>la prescrizione è controeccezione « in senso improprio », perché la domanda<br />

<strong>del</strong>l’attore fondata su quel fatto non sarebbe, per l’appunto, costitutiva.<br />

L’affermazione di carattere generale, secondo la quale le eccezioni in senso proprio<br />

sono speculari a possibili domande costitutive <strong>del</strong> convenuto (che costituisce<br />

il nucleo <strong>del</strong> ragionamento <strong>del</strong>la Corte dal punto di vista concettuale), è ricavato<br />

dalla definizione chiovendiana <strong>del</strong>la eccezione in senso proprio come « controdiritto<br />

» <strong>del</strong> convenuto: « controdiritto » da identificarsi soprattutto con un diritto<br />

potestativo, avente ad oggetto la modificazione <strong>del</strong> rapporto sostanziale con<br />

l’attore.<br />

––––––––––––<br />

(1) In questo senso, prima <strong>del</strong>la sentenza commentata, cfr. R. Oriani, Eccezioni rilevabili<br />

(e non rilevabili) d’ufficio. A proposito <strong>del</strong>l’interruzione <strong>del</strong>la prescrizione e di<br />

non condivisibili interpretazioni <strong>del</strong>l’art. 345, comma 2, c.p.c. (I), in Corr. giur. 2005,<br />

p. 1011 ss., spec. 1014.

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