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del fascicolo - Cedam

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LA NOMINA DEL DIFENSORE NEL PROCESSO CIVILE 595<br />

Il rilascio <strong>del</strong> mandato al difensore impose così alle parti il rispetto di un<br />

« cumulo di formalità, non brevi e dispendiose » (7), costringendole, persino nei<br />

giudizi innanzi ai conciliatori, ad avvalersi di un notaio o di altro pubblico ufficiale<br />

per designare il proprio difensore. Il che, come la dottrina non mancò di<br />

rilevare, aggravava non solo gli esborsi, ma anche le difficoltà <strong>del</strong>le quali le<br />

parti dovevano farsi carico, in quanto un secolo e mezzo fa non erano pochi<br />

coloro che dimoravano in luoghi in cui non risiedeva alcun notaio (8).<br />

Peraltro, il sistema voluto dal legislatore <strong>del</strong> 1865, lungi dal rappresentare la<br />

panacea per parti e controparti, nella realtà applicativa diede luogo a non pochi e<br />

non semplici problemi: si discusse, per esempio, sulle formalità da rispettare per il<br />

rilascio <strong>del</strong> mandato, sulla necessità che fosse indicata la data <strong>del</strong> rilascio, sulla<br />

necessità <strong>del</strong>la legalizzazione, sulla possibilità che il mandato fosse conferito<br />

all’estero, sui modi di conferimento in caso di ammissione al gratuito patrocinio,<br />

sulla validità <strong>del</strong> mandato privo d’indicazione <strong>del</strong> nome <strong>del</strong>l’avvocato, sulla rilevabilità<br />

d’ufficio dei vizi attinenti al mandato, sulla sanabilità di detti vizi (9).<br />

È perciò evidente che l’art. 48 c.p.c., sebbene fosse stato ispirato all’esigenza<br />

di evitare ogni possibile arbitraria iniziativa degli avvocati, nella realtà<br />

applicativa si rivelò da subito un’arma nelle mani di ognuna <strong>del</strong>le parti per ostacolare<br />

il diritto di azione e di difesa <strong>del</strong>le controparti.<br />

3. – Così stando le cose, il sistema non poteva durare e difatti non durò.<br />

Lodovico Mortara, prendendo spunto dalla l. 17 agosto 1895, n. 193, che aveva<br />

consentito che per le cause di competenza <strong>del</strong> conciliatore il mandato potesse<br />

essere apposto in calce all’originale o alla copia <strong>del</strong>l’atto di citazione<br />

(senza autenticazione alcuna), propose che si adottasse la stessa soluzione per<br />

gli altri giudizi. In particolare, Mortara sostenne essere « equa e ragionevole<br />

l’abolizione <strong>del</strong>la severa regola <strong>del</strong>l’art. 48, consentendo in tutti i casi che la<br />

sottoscrizione <strong>del</strong> cliente nel mandato alle liti possa essere certificata dal procuratore<br />

medesimo costituito con quell’atto; e riservando tutt’al più al magistrato,<br />

nell’evento di dubbio od impugnazione, la facoltà <strong>del</strong>la verificazione<br />

come nel regolamento processuale austriaco »; verificazione consistente in<br />

una « dichiarazione di conferma fatta in giudizio dal mandatario (che sia avvocato<br />

o notaio conosciuto dal magistrato) sotto la fede <strong>del</strong> giuramento professionale<br />

» (10).<br />

––––––––––––<br />

(7) Così Mortara, Commentario <strong>del</strong> codice e <strong>del</strong>le leggi di procedura civile, II, 4 a<br />

ed., Milano 1923, p. 756.<br />

(8) In tal senso, v. Mattirolo, Trattato di diritto giudiziario civile italiano, II, 5 a ed.,<br />

Torino 1902, p. 527.<br />

(9) Sulle questioni sollevate dall’art. 48, v. Prima raccolta completa <strong>del</strong>la giurisprudenza<br />

sul codice di procedura civile, I, Milano 1914, pp. 610-630.<br />

(10) Così Mortara, sin dalla prima edizione <strong>del</strong> Commentario, II (Milano 1902),<br />

p. 754 e ss., spec. p. 756 e nota 1.

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