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del fascicolo - Cedam

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488<br />

RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE<br />

perché se la conciliazione stragiudiziale vuole avere una qualche speranza di<br />

affermarsi nella prassi applicativa, deve operare sul solo piano <strong>del</strong> tentativo negoziale,<br />

senza che possa avere <strong>del</strong>le ricadute sull’eventuale futuro giudizio (90).<br />

––––––––––––<br />

così Luiso, in La via <strong>del</strong>la conciliazione, cit., 238. Oltre al fatto che i parametri valutativi<br />

utilizzati dal conciliatore sarebbero stati diversi da quelli di stretto diritto utilizzati dal<br />

giudice, essendo proprio questo uno dei possibili vantaggi offerti dal ricorso a questo<br />

strumento alternativo di risoluzione <strong>del</strong>le controversie: la possibilità di valutare il conflitto<br />

insorto tenendo conto <strong>del</strong> sistema di interessi sotteso allo stesso e non vincolando la<br />

possibile soluzione all’applicazione di norme di stretto diritto. Per queste ragioni non mi<br />

convince la ricostruzione offerta da Luiso, cit., 237, <strong>del</strong>la proposta <strong>del</strong> conciliatore in<br />

termini di giudizio. Non vedo perché la proposta non debba essere formulata sulla base<br />

<strong>del</strong>la « convenienza », secondo le caratteristiche tipiche <strong>del</strong>l’istituto, invece che <strong>del</strong>la<br />

« giustizia ». Ma sul punto, <strong>del</strong>lo stesso autore, cfr. Magistratura togata, magistratura<br />

onoraria, « altra giustizia », cit., 1 ss. Quanto all’interpretazione <strong>del</strong>la norma in commento<br />

l’autore afferma che « se è stata la parte vittoriosa a rifiutare una proposta <strong>del</strong> conciliatore<br />

che, nella sostanza, gli avrebbe dato quello che poi ha ottenuto nel processo giurisdizionale,<br />

allora il giudice potrà compensare le spese, o anche condannare la parte vittoriosa<br />

a pagare, in tutto o in parte, le spese alla parte soccombente. Se è stata la parte<br />

soccombente a rifiutare una proposta <strong>del</strong> conciliatore che, nella sostanza, riconosceva alla<br />

controparte quello che poi quest’ultima ha ottenuto nel processo giurisdizionale, allora vi<br />

potrà essere la condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c ». Per Luiso si sarebbe<br />

così applicato, in relazione alle spese e ai danni, il criterio <strong>del</strong>la causalità, intendendosi<br />

per colui che ha dato causa alla controversia giurisdizionale chi abbia rifiutato<br />

una proposta conciliativa coincidente con quella che sarà poi la decisione <strong>del</strong>la controversia.<br />

Per Miccolis, in La riforma <strong>del</strong>le società, cit., 366 s., la fattispecie di cui all’art.<br />

40, comma 5°, avrebbe presupposto in realtà una soccombenza parziale, ossia un parziale<br />

accoglimento <strong>del</strong>la domanda. Non sarebbe infatti ragionevole ritenere che il legislatore si<br />

sia voluto riferire al caso <strong>del</strong>l’attore che chiede 100 e che abbia rifiutato una proposta<br />

conciliativa <strong>del</strong> convenuto per 100 o 99, per poi ottenere dal giudice con sentenza 100, o<br />

al convenuto vincitore che rifiuti una proposta conciliativa formulata dall’attore soccombente<br />

per 0 o 1, per poi ottenere dal giudice il rigetto integrale <strong>del</strong>la domanda. L’autore<br />

critica questa disciplina che finirebbe con il punire l’attore ostile alla conciliazione, favorendo<br />

il convenuto che, anziché formulare offerta reale per l’importo in questione, si rende<br />

semplicemente disponibile a sottoscrivere un atto avente valore di titolo esecutivo per<br />

il medesimo importo. In considerazione di ciò Miccolis esprime la sua preferenza per<br />

soluzioni che prevedano un’ammenda o una sanzione amministrativa a carico <strong>del</strong>l’attore<br />

che ha rifiutato ragionevoli proposte conciliative.<br />

(90) Il legislatore ha invece ritenuto di disincentivare atteggiamenti ostili alla conciliazione.<br />

Sul punto cfr. Miccolis, in La riforma <strong>del</strong>le società, cit., 366. Una proposta<br />

estrema de iure condendo è quella formulata da Proto Pisani, Per un nuovo titolo esecutivo<br />

di formazione stragiudiziale, in Foro it. 2003, V, 117, e definita « variante piuttosto<br />

spinta <strong>del</strong>la conciliazione valutativa » da Caponi, La conciliazione stragiudiziale, cit.,<br />

173. Si tratterebbe di affidare obbligatoriamente per legge ad un collegio presieduto da<br />

un terzo imparziale e integrato da rappresentanti <strong>del</strong>le parti il tentativo di conciliazione di

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