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del fascicolo - Cedam

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RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE<br />

ze ravvicinate di cui parlava anche Chiovenda), sia <strong>del</strong>l’interesse dei difensori a<br />

comporre le rispettive « storie » (per usare termini e concetti diffusi nella letteratura<br />

anglo-americana) con pochi e vistosi elementi, così da evitare che il giudice<br />

<strong>del</strong> fatto si distragga o si confonda. Nel caso <strong>del</strong> processo scritto, invece, il<br />

<strong>fascicolo</strong> si irrobustisce e « stagiona » senza fretta (come diceva il sommo Rabelais)<br />

e non ha limiti di capienza: ci si può mettere di tutto.<br />

Correlativamente, sarà indispensabile che le informazioni fattuali destinate<br />

alla valutazione « immediata » <strong>del</strong> giudice <strong>del</strong>l’oralità siano accuratamente selezionate:<br />

che siano – per usare in senso generico e metaforico un’espressione<br />

che nel sistema <strong>del</strong>l’Evidence ha anche un significato più preciso – soltanto « le<br />

prove migliori ».<br />

Soprattutto per questo si elaboreranno e si imporranno, come appunto è<br />

avvenuto storicamente nel trial anglosassone, le « regole di esclusione »: non<br />

già perché, come pensava Bentham, la losca consorteria dei giudici e degli avvocati<br />

si diverta a fare <strong>del</strong>l’istruzione probatoria un esperimento bizzarro ed<br />

esoterico. E probabilmente nemmeno perché, come più seriamente pensava<br />

Thayer, dove il giudice è laico sia necessario proteggerlo da informazioni fuorvianti.<br />

Il fatto è, piuttosto, che in un processo concentrato ed immediato mancano<br />

il tempo e gli strumenti per confutare la validità o il peso di prove che, comunque,<br />

siano state acquisite nell’imminenza <strong>del</strong>la decisione.<br />

Diversamente stanno le cose nel processo « scritto ». Qui, come si è detto,<br />

le informazioni disponibili per la decisione sul fatto saranno molte di più, perché<br />

le parti, nella loro attività istruttoria, non penseranno alla preparazione di un<br />

breve e drammatico day in court, ma dedurranno a prova o inseriranno nel <strong>fascicolo</strong><br />

tutto ciò che in qualche modo potrà in seguito contribuire a sorreggere<br />

le loro allegazioni: non si sa mai, melius abundare quam deficere.<br />

Questo materiale sarà dunque scarsamente selezionato, e perfino il limite<br />

generale <strong>del</strong>la rilevanza, e quelli insiti nelle modalità di assunzione <strong>del</strong>le prove<br />

« costituende », così come le preclusioni temporali per l’acquisizione anche<br />

<strong>del</strong>le prove « precostituite », potranno essere aggirati introducendo comunque<br />

nel <strong>fascicolo</strong> in forma documentale – se <strong>del</strong> caso surrettiziamente – le informazioni<br />

che essi escluderebbero.<br />

Toccherà poi al giudice, a distanza di tempo, estrarre dal voluminoso <strong>fascicolo</strong><br />

tutto questo materiale, riordinarlo, esaminarlo (magari più di una volta),<br />

analizzarlo, compararne i singoli elementi (comme doit faire le bon juge, diceva<br />

ancora Rabelais), fino ad estrarne una meditata decisione razionale, oppure a<br />

gettare i dadi, come l’immortale giudice Bridoye, confidando nelle Intelligenze<br />

Motrici.<br />

Beninteso, non è escluso che i pericoli insiti in questi due diversi modi di<br />

giudicare sul fatto siano in qualche modo simili, dato che, come il giudice<br />

<strong>del</strong>l’oralità può essere sviato da sensazioni e impressioni superficiali, così il<br />

giudice <strong>del</strong>la scrittura può smarrirsi o distrarsi nel pelago <strong>del</strong>le carte, e limitarsi<br />

allora a tastarle o annusarle, con la speranza di intuire approssimativamente<br />

« come sono andate le cose ».

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