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del fascicolo - Cedam

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GIURISPRUDENZA 751<br />

garanzia fondamentale è (almeno in linea di massima) « extraformale ». Il carattere<br />

di garanzia fondamentale, che è propria <strong>del</strong> principio <strong>del</strong> contraddittorio,<br />

per l’appunto a questo deve condurre: alla nullità <strong>del</strong>la sentenza in caso di<br />

violazione, anche quando non siano ravvisabili vizi formali nella decisione<br />

stessa o nel corso <strong>del</strong> procedimento.<br />

Il problema, se la mancata segnalazione di questioni rilevabili d’ufficio<br />

da parte <strong>del</strong> giudice violi o non violi il principio <strong>del</strong> contraddittorio, va peraltro<br />

affrontata liberamente; e la risposta negativa mi convince più di quella positiva.<br />

Il principio <strong>del</strong> contraddittorio richiede infatti che ogni parte abbia la<br />

possibilità di difendersi in modo adeguato, con accesso alle fonti di informazione<br />

sulle quali sarà fondata la futura decisione; ma non richiede anche che<br />

le parti approfittino di quanto vedono o sono in grado di vedere nell’ambito<br />

<strong>del</strong> processo, perché anche il silenzio è il frutto di una scelta legittima (di carattere<br />

lato sensu defensionale); e, quando si impone alle parti una difesa tecnica,<br />

mediante avvocati in grado di vedere e comprendere quanto emerge dal<br />

<strong>fascicolo</strong> <strong>del</strong> processo, la garanzia <strong>del</strong> contraddittorio è in ogni caso salva.<br />

Dirò di più: se si vuole che il contraddittorio sia libero, anche il silenzio <strong>del</strong><br />

difensore su questioni rilevabili d’ufficio deve essere protetto come scelta<br />

possibile; e questa libertà verrebbe meno, se il difensore non potesse scegliere<br />

il silenzio come atteggiamento difensivo, senza correre il rischio <strong>del</strong>la nullità<br />

<strong>del</strong>la futura sentenza.<br />

Considero dunque con favore la sentenza n. 15705/2005, nonostante<br />

l’errore che ritengo di individuare nel ragionamento compiuto dalla Corte; e mi<br />

auguro che le Sezioni Unite, quando saranno chiamate a risolvere il contrasto<br />

giurisprudenziale creatosi, ne confermino l’orientamento contro la tesi affermata<br />

dalla sentenza n. 16577/2005.<br />

3. – Naturalmente, in questo modo si diminuisce l’importanza di quanto<br />

previsto dall’art. 183 c.p.c. in ordine alla segnalazione, da parte <strong>del</strong> giudice,<br />

<strong>del</strong>le questioni rilevabili d’ufficio; ed una volta escluso che tale norma abbia la<br />

funzione di assicurare l’attuazione <strong>del</strong> contraddittorio come garanzia, sorge il<br />

problema di darle una giustificazione diversa. Ma il problema può forse essere<br />

risolto agevolmente.<br />

Di ciò si è accorto Sergio Chiarloni, secondo il quale la norma impone al<br />

giudice un dovere di collaborazione con le parti, concretizzandosi in una attività<br />

di stimolo affinché i difensori facciano effettivamente quanto potrebbero<br />

(4); e si tratta di una diagnosi molto suggestiva, capace di mettere a frutto<br />

anche i contributi che sulla « collaborazione » nel processo sono dovuti al<br />

––––––––––––<br />

(4) Op. cit., p. 1363.

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