del fascicolo - Cedam

GIURISPRUDENZA 757
ritenuta insindacabilità del potere del giudice di disporre d’ufficio mezzi di
prova (12); mentre il più recente, pur affrontando in termini argomentativi il
nostro stesso problema, dichiara inapplicabile « in blocco » nei giudizi in
materia di contratti agrari dinanzi alle sezioni specializzate, ove opera (come è
noto) il rito del lavoro, la disciplina della prima udienza di trattazione nel rito
ordinario ex art. 183, e quindi, assai discutibilmente (13), anche la regola sancita
dal comma 3° (14).
2. – Non è, certo, in ragione di una preconcetta coerenza con un’opinione
già espressa in tempi (per così dire) non sospetti (15), ma è per un mio perdurante
convincimento che ritengo preferibile – a differenza di quanto opina Ricci
– la tesi garantistica, ribadita, con argomenti sistematici in parte apprezzabili,
dalla seconda delle due sentenze in commento (vale a dire, da Cass., n. 16577
del 2005). Mi auguro, quindi, che quella tesi possa essere, eventualmente, confermata
da un successivo intervento della Corte a sezioni unite.
Qui, il solo « precedente » disponibile, cui si richiama il Supremo Collegio,
è inequivoco (ed è stato, a suo tempo, salutato con difformi rilievi dai suoi
autorevoli annotatori) (16). Ma va ricordato come alla consacrazione del mede-
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(12) Cass., 18 aprile 1998, n. 3940, ivi 1998, voce Procedimento civile, n. 196, si
occupava, in termini decisori, del problema attinente alla certificazione ufficiale (ad opera
del cancelliere) dell’avvenuto inserimento di un documento prodotto nel fascicolo di
parte, in relazione agli artt. 74 e 87 disp.att. c.p.c.; ma, in motivazione, pur riferendosi
anche all’art. 183, comma 2°, c.p.c., nel respingere uno dei motivi secondari di gravame
ribadiva l’insindacabilità impugnatoria dell’esercizio (o del mancato esercizio) del potere
del giudice di disporre d’ufficio mezzi di prova (con riguardo all’art. 23, comma 6°, della
l. 24 novembre 1981, n. 689, e con richiamo esemplificativo di Cass., 11 aprile 1994, n.
3367, ivi 1996, voce Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n. 165).
Sull’esigenza di rivedere la tesi dell’insindacabilità impugnatoria dei poteri ufficiosi
del giudice, soprattutto laddove essi si configurino come poteri-doveri, alla luce
dell’obbligo di motivazione e delle garanzie strutturali del « giusto processo » (ex art.
111, commi 1°-2° e 6°, Cost.), mi permetto di rinviare alla mia opera Etica e tecnica del
« giusto processo », Torino 2004, pp. 327-377.
(13) Tale argomentazione rivela, in tutto il suo equivoco significato, una rimarchevole
espressione (sia pure « a rovescio ») di quello che Sergio Chiarloni ebbe ad etichettare,
a suo tempo, come il « formalismo delle garanzie ».
(14) Nella versione posteriore al 1990. Cfr. Cass., 28 gennaio 2004, n. 1572, in
Rep. Foro it. 2004, voce Contratti agrari, n. 88.
(15) Mi permetto di rinviare ancora ai miei scritti: Le garanzie costituzionali, in
Comoglio, Ferri, Taruffo, Lezioni sul processo civile, 2 a ed., Bologna 1998, pp. 73-75
(ma cfr. ora, per altri cenni, la stessa op. cit., 3 a ed., vol. I, Bologna 2005, pp. 77-78); Etica
e tecnica, cit., pp. 71-74.
(16) Si tratta di Cass., 21 novembre 2001, n. 14637, in Rep. Foro it. 2001, voce
Procedimento civile, n. 215, e 2002, voce cit., n. 249, nonché, per esteso, in Giur. it.
2002, 1363, con nota di Chiarloni, La sentenza della « terza via » in cassazione: un altro