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del fascicolo - Cedam

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446<br />

RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE<br />

produrre gli stessi a prescindere da un previo giudizio di ammissione da<br />

parte <strong>del</strong> giudice, diretto a filtrare il materiale probatorio utilizzabile ai fini<br />

<strong>del</strong>la decisione, è limitata, nel rito ordinario, ai soli documenti offerti in comunicazione<br />

dalle parti al momento <strong>del</strong>la loro costituzione in giudizio, ovvero<br />

a quelli depositati in cancelleria entro il primo dei termini assegnati dal<br />

giudice per le deduzioni istruttorie, termine entro il quale le parti devono a<br />

pena di decadenza indicare i mezzi di prova ed effettuare le produzioni documentali.<br />

Dopo tale termine, infatti, alla parte che voglia contrapporre alle prove dedotte<br />

dall’altra parte o disposte d’ufficio dal giudice una prova documentale, il<br />

primo e il terzo comma <strong>del</strong>l’art. 184 c.p.c., nel testo non ancora novellato dal<br />

d.l. 14 marzo 2005, n. 35 (così come l’art. 183, commi 6° e 8°, c.p.c., nel testo<br />

sostituito dallo stesso d.l. 14 marzo 2005, n. 35, come modificato dalla legge di<br />

conversione 14 maggio 2005, n. 80 e successivamente dalla legge 28 dicembre<br />

2005, n. 263), attribuiscono unicamente il potere di indicare detta prova al giudice<br />

nel termine perentorio dallo stesso assegnato.<br />

Ciò impone di ritenere che la produzione <strong>del</strong>la prova documentale contraria,<br />

e così la sua rituale acquisizione al processo, sia subordinata, al pari<br />

<strong>del</strong>l’assunzione di una prova costituenda, ad un previo provvedimento di ammissione<br />

da parte <strong>del</strong> giudice, che ne abbia valutato, oltre che l’ammissibilità e<br />

la rilevanza, anche la sua necessità in relazione ai mezzi di prova disposti<br />

d’ufficio o preventivamente proposti dall’altra parte, e ai documenti dalla stessa<br />

prodotti (35).<br />

––––––––––––<br />

(35) Deve invece essere rigettata con vigore, perché inaccettabile sul piano <strong>del</strong>le<br />

garanzie, la differente proposta interpretativa avanzata in dottrina da M. Maffuccini,<br />

Questioni aperte sulle preclusioni istruttorie, in questa Rivista 2005, p. 543 ss., spec.<br />

p. 547 ss., il quale, constatando anch’egli che l’art. 184 c.p.c., nel testo non ancora sostituito<br />

dalle riforme <strong>del</strong> 2005, prevede, come oggetto <strong>del</strong>la memoria istruttoria di replica,<br />

soltanto la « indicazione di prova contraria », giunge ad affermare che le parti<br />

non potrebbero sfruttare l’ultimo termine assegnato dal giudice ai sensi <strong>del</strong> predetto<br />

articolo per chiedere di avvalersi, in prova contraria, di mezzi di prova documentali; e<br />

ciò sulla base <strong>del</strong>l’apodittica affermazione secondo la quale « non può darsi ‘indicazione’<br />

per il mezzo di prova documentale ». È facile peraltro replicare che siffatta affermazione<br />

è inequivocabilmente smentita dal tenore letterale degli artt. 163, comma<br />

3°, n. 5, 167, comma 1°, 414, n. 5, 416, comma 3°, c.p.c., disposizioni che prevedono<br />

tutte, testualmente, la indicazione <strong>del</strong>le prove documentali. Né appaiono più convincenti<br />

le argomentazioni che l’Autore cerca di trarre dalla « ontologica differenza tra<br />

mezzo di prova documentale e prova costituenda », rilevando che « il documento è<br />

sempre nella disponibilità materiale <strong>del</strong>la parte », che avrebbe pertanto, « in ossequio a<br />

principi di lealtà trasparenza e ordinato andamento dei lavori processuali », l’onere di<br />

produrre tutti i documenti di cui intende avvalersi nel termine di cui alla prima memoria<br />

istruttoria. Non vi è chi non veda, infatti, che detto argomento non si attaglia affatto

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