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del fascicolo - Cedam

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TEMPUS REGIT PROCESSUM UN APPUNTO SULL’EFFICACIA ECC. 459<br />

non dispone che per l’avvenire, la legge processuale non dispone che per i processi<br />

futuri (o quantomeno, non dispone che per i futuri gradi di giudizio).<br />

A questa stregua si può profilare una netta distinzione, per quanto riguarda<br />

i principi di diritto intertemporale, tra intervento di nuove norme sostanziali da<br />

applicare alla fattispecie dedotta in giudizio ed intervento di nuove norme processuali.<br />

Per quanto attiene alle norme sostanziali, vale per esse ciò che vale per i<br />

fatti sopravvenuti. Poiché il processo culmina in un giudizio in cui si applica la<br />

norma al fatto, l’economia dei giudizi impone che il materiale <strong>del</strong>l’accertamento<br />

sia il più recente possibile, per evitare di mettere in circolazione una decisione<br />

nata già vecchia, foriera di nuove dispute anziché <strong>del</strong>la risoluzione <strong>del</strong>la<br />

controversia.<br />

Per quanto riguarda le norme processuali, la stessa economia dei giudizi<br />

gioca in senso opposto: nel senso che l’assetto predisposto in considerazione di<br />

un certo modus procedendi non debba tendenzialmente essere sconvolto da<br />

norme sopravvenute, che rimettono inevitabilmente in discussione l’unità e la<br />

coerenza <strong>del</strong>l’intera attività processuale, cioè l’unità e la coerenza <strong>del</strong>l’attività<br />

processuale già svolta con quella futura. Si può esprimere questo nuovo principio<br />

di diritto intertemporale con una parafrasi <strong>del</strong> vecchio brocardo tempus regit<br />

actum, precisando che l’actus è quell’actus trium personarum in cui consiste<br />

l’intero processo (o quanto meno il singolo grado di giudizio): tempus regit processum.<br />

Laddove esigenze di ordine pubblico processuale impongano l’applicabilità<br />

<strong>del</strong>le nuove norme ai processi in corso, soccorre la ponderata adozione di<br />

norme di diritto transitorio. La distinzione tra norme di diritto intertemporale,<br />

inteso come quel complesso di regole che disciplinano la successione <strong>del</strong>le<br />

norme nel tempo, e norme di diritto transitorio, inteso come insieme di prescrizioni<br />

dettate di volta in volta per regolare gli accadimenti compresi nel<br />

periodo in cui si verifica un mutamento legislativo, rivela in questo caso tutta<br />

la sua utilità.<br />

Anzi, un principio di diritto intertemporale così impegnativo dal punto di<br />

vista <strong>del</strong>la conservazione dei valori giuridico-processuali – la litispendenza come<br />

unica situazione acquisita, in quanto tale non sottoposta all’impero <strong>del</strong> diritto<br />

nuovo – responsabilizza molto di più il legislatore nell’adozione di una calibrata<br />

disciplina transitoria in vista <strong>del</strong>l’applicazione <strong>del</strong>le nuove norme ai processi<br />

pendenti, di quanto non faccia attualmente il principio tempus regit actum<br />

riferito al singolo atto <strong>del</strong>la sequenza processuale, che assicura automaticamente<br />

al legislatore il risultato per lui più interessante – l’applicabilità <strong>del</strong>le<br />

nuove norme ai processi in corso – talché, quanto ai dettagli <strong>del</strong> passaggio dalla<br />

vecchia alla nuova disciplina, troppo spesso il legislatore si permette di dire a<br />

giudici ed avvocati di risolvere il problema da soli.<br />

8. – Diverso è, in linea di principio, il discorso sull’efficacia <strong>del</strong>le pronunce<br />

di accoglimento <strong>del</strong>la Corte costituzionale, in relazione alla quale è infatti

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