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«UNIVERSITÀ». RI-CAPITOLARE - 1997 - Società Amici del Pensiero

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«Università». Ri-capitolare<br />

Alla ripresa <strong>del</strong>la lezione GIACOMO B. CONT<strong>RI</strong> prende la parola per commentare con<br />

le seguenti parole l’intervento di A. Colombo: «Subito all’inizio <strong>del</strong>l’intervallo mi è stata<br />

sottoposta una difficoltà: “Ma che cosa è questa sessualità?”. Ci sono due modi di<br />

domandare: il modo che risulta dopo avere letto, studiato, annotato i nostri testi e quello<br />

che risulta dal non averli letti, studiati, annotati. Ogni qualvolta vi capita di cogliere un<br />

quesito su qualcosa di non immediatamente intelligibile, non ponete per prima cosa la<br />

domanda a me o ad altri di noi: leggete i nostri testi. Si tratta di pagine sempre feconde.<br />

Solo allora le domande diventano vere questioni e il porre una domanda diventa un<br />

contributo, un confronto con ciò che viene detto successivamente a ciò che è già stato<br />

scritto.<br />

Dalla critica <strong>del</strong>la sessualità illustrata da Alberto Colombo, risulta che nella<br />

sessualità non ci sono i sessi: normalità e psicopatologia sono due mondi che si<br />

differenziano nella presenza o nell’assenza <strong>del</strong>la realtà dei sessi. La sessualità è<br />

un’astrazione dai sessi, ivi compresa l’aspirazione a disfarsene.<br />

Il concetto di “verginità” è perfettamente espresso dalla formula introdotta in Il<br />

pensiero di natura: significa essere arrivati a quel punto in cui nulla causa e nulla<br />

impedisce la vita sessuale comunemente intesa. A questo punto nasce il quesito: se non si<br />

tratta di causalità – cioè di attrazione: fisica, magnetica…, magnetismo animale… (non<br />

esiste il magnetismo sessuale) –, quale via è allora concepibile perché i sessi arrivino a<br />

incontrarsi come l’intuizione comune dice <strong>del</strong> modo di incontrarsi dei sessi?<br />

Comprendete come questa sia una domanda piuttosto sconvolgente, perché una volta<br />

visti i due corni – nulla la causa e nulla la impedisce –, per quale via accadrebbe che un<br />

uomo e una donna…? Lì per lì è rigorosamente inconcepibile. La moralità riguardo ai<br />

sessi sta in questa inconcepibilità: questa è la sola morale sessuale degna <strong>del</strong>l’umanità.<br />

Secondo un’altra formula, nella “verginità” tutti i rapporti sono sessuali, restando<br />

inconcepibile, in un primo tempo, come possa darsi il caso particolare. Pertanto sono<br />

d’accordo con la conclusione di Alberto Colombo che, a partire da Dio stesso, la vita<br />

normale è pansessualista, mantenendo in sospeso quel punto (quel particolarissimo caso<br />

<strong>del</strong> rapporto sessuale) “<strong>del</strong> nulla lo causa e nulla lo impedisce”.<br />

Benché siano passati venti secoli di storia <strong>del</strong> pensiero, il concetto di Incarnazione<br />

(Maria Delia Contri da qualche tempo vi insiste in modo speciale) è davvero un concetto<br />

impensabile e reso progressivamente più impensabile. In effetti l’Incarnazione è il<br />

pensiero più interessante – nel senso in cui la parola “interessare” significa “coinvolgere,<br />

attirare, sedurre” –: Dio incarnato non è incarnato in un corpo neutro, si è incarnato in un<br />

corpo sessuato. Ritengo che questa sia la vera ragione d’essere <strong>del</strong> docetismo: il corpo è<br />

una finzione, un trucco pedagogico; i sessi stessi sono il posticcio di questi corpi. Una<br />

volta facevo osservare l’effetto ereticale di questo pensiero, che finisce per abolire in toto<br />

lo stesso dogma <strong>del</strong>l’Immacolata Concezione.<br />

L’amore platonico significa amore omosessuale, gay, a partire dal rapporto maestrodiscepolo.<br />

L’amore platonico attraversa l’intero pensiero teoretico di Platone: ne ha<br />

scritto nel Simposio, nella Repubblica; così come l’omofilia di Socrate non è un vizietto,<br />

ma è connaturata, congenita con il pensiero suo e di Platone. Suggerisco che la prossima<br />

volta, occupandoci <strong>del</strong>l’amore platonico (e dunque anche <strong>del</strong>la dottrina politica e<br />

giuridica di Platone, poiché proprio nella Repubblica si parla di questa inclinazione) ci si<br />

occupi anche <strong>del</strong>la tenuta <strong>del</strong>la distinzione fra errore teoretico e pratico. Il nostro costante

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