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«UNIVERSITÀ». RI-CAPITOLARE - 1997 - Società Amici del Pensiero

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Conversazione 289<br />

Per quanto riguarda la depressione sono d’accordo nel sostenere<br />

che nel bambino non esiste l’affetto staccato dall’idea, cioè non<br />

esistono bambini che provano un sentimento negativo senza che<br />

esso sia accompagnato da una giustificazione. E non esiste<br />

nemmeno il bambino melanconico: esiste la tristezza ripetuta,<br />

rivista, continuata, incupita, di cui però è molto facile individuare<br />

ragione e senso.<br />

Il problema <strong>del</strong> bambino in difficoltà si sta riducendo sempre di<br />

più al problema di un cervello in difficoltà. 371 Ciò vuole dire che<br />

nei genitori che arrivano per un consulto, si è insinuata l’idea che<br />

bisogna curare il cervello <strong>del</strong> bambino, perché il neurone è<br />

sbagliato. Questo rende «preventivo» l’atteggiamento <strong>del</strong>l’adulto,<br />

reso tale dalla cultura – in senso politico – e dal fatto che non<br />

prima scatola. Subito dopo si sposta la pallina sotto la seconda scatola e gli si dice:<br />

«Adesso immagina che entri nella stanza un altro bambino il quale non ha visto che la<br />

pallina è stata spostata: dove andrà a cercarla?». Il bambino sano si rifiuta di rispondere a<br />

questa domanda. E ancora, il fatto che il bambino non riesca a immaginare che la madre<br />

possa formulare pensieri ingannevoli è considerato come segno di immaturità mentre, al<br />

contrario, sarà maturità l’apprezzare che la madre può fare affermazioni che non<br />

corrispondono al suo pensiero. Secondo il protocollo previsto dal test, se il bambino<br />

risponde che il bambino immaginario cercherà la pallina sotto la prima scatola, verrà<br />

considerato deficitario, in quanto non in grado di rappresentarsi l’inganno.<br />

PIETRO R. CAVALLE<strong>RI</strong> domanda in che cosa il «pensiero <strong>del</strong> falso» citato da Cristina<br />

Musetti si discosti dal concetto di «secondo giudizio»: la facoltà <strong>del</strong> secondo giudizio<br />

infatti, essendo volta a discriminare la compatibilità <strong>del</strong> partner rispetto al suo compito di<br />

continuare a essere causa di soddisfazione nella relazione con il soggetto, in realtà<br />

discrimina la possibile menzogna <strong>del</strong>l’altro.<br />

C<strong>RI</strong>STINA MUSETTI precisa: «Nella teoria <strong>del</strong>la mente, la discriminazione <strong>del</strong>la<br />

menzogna è vista come un dato naturale di maturazione: a un certo punto i neuroni si<br />

collegherebbero in modo tale che la discriminazione diverrebbe possibile, come un salto<br />

di qualità automatico, senza che vi sia in gioco alcuna responsabilità <strong>del</strong> soggetto nel<br />

compiere questo atto. Una simile teoria si adatta a sostenere l’esistenza <strong>del</strong>l’autismo: se<br />

infatti un bambino, a cinque anni, non riuscirà a comprendere questa differenza, potrebbe<br />

essere autistico».<br />

Intervenendo a sua volta, AMBROGIO BALLABIO aggiunge: «Un conto è imparare che<br />

l’altro ci può fregare, un conto è presupporre che per incominciare a pensare bisogna far<br />

l’ipotesi di un Dio ingannatore. Credo infatti che sia evidente che un test come questo<br />

equivale ad affermare che, per imparare a pensare, bisogna immaginare Dio – o l’adulto<br />

– ingannatore».<br />

371 Per esprimere questo concetto è stato coniato il termine di split mind brain.

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