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«UNIVERSITÀ». RI-CAPITOLARE - 1997 - Società Amici del Pensiero

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Il lemma «Lingua» 251<br />

«leggere» non è «leggere» e immaginiamo che si «legga la<br />

situazione», ossia trasformiamo la situazione in un libro, in un<br />

segno d’altro; e se dico proprio: «Elia legge il libro», vuol dire che<br />

imita il suo papà. Il verbo «leggere» ha una serie di presupposti,<br />

per esempio X e Y: per essere in Y bisogna essere un testo scritto,<br />

per essere in X bisogna essere un alfabetizzato. Il rispetto <strong>del</strong><br />

presupposto è il punto minimo di applicazione <strong>del</strong>la legge, il senso<br />

è leso se ne viene tolto uno. 325 Il senso è legato al rispetto <strong>del</strong><br />

rapporto, che non è semplicemente la non infrazione: per<br />

rispettare, non basta star fermi; il rispetto è creativo. Se in Y non<br />

metto niente, questo è un altro modo per costruire un non-senso. È<br />

insensato dire che «Luigi mangia cibo, beve bevande e legge testi<br />

scritti»: deve esserci effettivamente un cibo, una bevanda, un libro,<br />

e questo essere «un» è un compito che interpella la mia creatività.<br />

Fra normalità e creatività non c’è alcuna differenza. La creatività è<br />

normalità, sensatezza.<br />

La legge <strong>del</strong> senso opera a tutti i livelli <strong>del</strong> lavoro linguistico, a<br />

tutti i livelli di quell’opera che è un testo, foss’anche la<br />

combinazione minima <strong>del</strong> nesso fra un predicato e i suoi<br />

argomenti. Ma opera anche nel nesso fra me e il tutto <strong>del</strong> detto, il<br />

dictum. Questo si chiama connettivo, che è una figura logica<br />

piuttosto strana: qualora si determini la condizione, frequentissima<br />

per altro, in cui esso non sia manifesto, allora viene inferito con un<br />

rischio interpretativo. In questo caso si parla di procedure<br />

inferenziali, di evincimento <strong>del</strong> senso. Supponiamo ora che il senso<br />

si manifesti almeno in parte. Se io dicessi con tono di contentezza:<br />

«Ah, che bello, ho dimenticato il portafoglio a casa e devo<br />

prendere un taxi!», provocherei nel mio ascoltatore un certo<br />

325 Un aneddoto: ero in metropolitana e andavo verso Lambrate. A un certo punto<br />

entra nel vagone un signore e comincia a urlare come un forsennato: «Cornuti! Perché<br />

voi siete cornuti!». Mi vennero in mente due pensieri stupidi, un po’ ironici: «E a lui che<br />

gliene frega? E poi come fa a saperlo?». Quello era matto: aveva infranto un<br />

presupposto. Deve avere senso rivolgersi all’altro, devo avere qualcosa in comune con<br />

lui. Se avesse detto: «Attenti! Nella prossima stazione <strong>del</strong>la metropolitana è scoppiato un<br />

incendio: giù tutti!», pur non conoscendolo sarei sceso come un fulmine.

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