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«UNIVERSITÀ». RI-CAPITOLARE - 1997 - Società Amici del Pensiero

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PER FINIRE<br />

Giacomo B. Contri<br />

Il lavoro è fare di non necessità virtù<br />

La prima osservazione è relativa alla frase: «Si fa di necessità<br />

virtù». Nella patologia si dà assai più necessità che virtù e in essa<br />

necessità e virtù coincidono. Il lavoro, in quanto è lavoro, è libero<br />

e, fintanto che è lavoro, è lavoro <strong>del</strong> fare di non necessità virtù; si<br />

dispiega tra il non causato e il non proibito, tra il non necessitato e<br />

il non proibito, tra il non comandato e il non proibito.<br />

È stata Raffaella Colombo a ricordare che la frase: «Tutto è<br />

dato» – come variante di: «tutto è già detto e già pensato», nel<br />

lessico teologico si dice che «tutto è grazia» – non è vera. Se la<br />

parola «libertà» ha un significato, esso sta nel fatto che «non tutto<br />

è dato». Abbiamo a che fare con un Cattolicesimo che ha assunto il<br />

pensiero di Lutero, che in modo <strong>del</strong> tutto esplicito nega anche la<br />

sola pensabilità di un diritto naturale: egli è l’anti-diritto naturale<br />

sulla scena storica <strong>del</strong>la nostra epoca che chiamiamo moderna; per<br />

lui esiste solo il diritto <strong>del</strong>lo Stato.<br />

L’abito <strong>del</strong>l’altro<br />

Non ho mai amato la Beatrice di Dante: «Tanto gentile e tanto<br />

onesta pare…» 307 né mi piace che sia «d’umiltà vestuta», perché<br />

ciò vuol dire che si veste da sé e in particolare di quella dubbia<br />

cosa che è l’umiltà. Come abitudine 308 sarebbe bene indossare non<br />

il proprio abito, ma l’abito <strong>del</strong>l’altro, fino all’estremo, al caso<br />

particolare, <strong>del</strong> farne dono. Sappiamo che il bambino,<br />

307<br />

Dante Alighieri, Tanto gentile e tanto onesta pare, dalla Vita Nuova, capitolo<br />

XXVI.<br />

308<br />

Il concetto di abitudine, che la psicologia contemporanea ha corrotto, è antico e<br />

nobile.

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