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«UNIVERSITÀ». RI-CAPITOLARE - 1997 - Società Amici del Pensiero

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PENSIERO<br />

Raffaella Colombo<br />

1. Che cosa vuole dire pensare? Heidegger e Freud a confronto<br />

Prendo come riferimento Heidegger 25 non perché siamo<br />

d’accordo con lui, ma perché la sua domanda e la sua<br />

preoccupazione sono pertinenti: egli constata che tanto l’individuo<br />

quanto la storia <strong>del</strong> pensiero si sono allontanati dal pensiero. «Il<br />

pensiero non conta niente»: questa asserzione, che costituisce oggi<br />

una teoria ufficiale, corrisponde al primo atto offensivo nei<br />

riguardi <strong>del</strong> pensiero individuale.<br />

Possiamo ricominciare a parlare <strong>del</strong> pensiero grazie a Freud, il<br />

primo – dopo una certa epoca – a permettere che il pensiero<br />

«riprendesse la parola». Con Freud – che individua la dissoluzione,<br />

la menzogna, la censura – il pensiero denuncia l’errore. Freud è il<br />

primo a osservare che la psicopatologia individuale (l’ontogenesi)<br />

ricapitola la psicopatologia generale non-clinica (la filogenesi)<br />

<strong>del</strong>la storia <strong>del</strong> pensiero. La frase: «Oggi siamo tutti malati…,<br />

siamo figli <strong>del</strong>la nostra epoca…» afferma un errore, perché la<br />

psicopatologia non è la conseguenza <strong>del</strong> fatto che la storia <strong>del</strong><br />

pensiero è arrivata a un punto tale da provocare psicopatologia.<br />

Piuttosto, la storia <strong>del</strong> pensiero e la psicopatologia individuale si<br />

corrispondono. Il soggetto non si ammala per rimediare alle<br />

mancanze <strong>del</strong>la storia, così come, d’altronde, la psicopatologia si è<br />

manifestata anche in epoche storiche precedenti.<br />

25 Questa domanda corrisponde al titolo di un articolo di Heidegger (cfr. M.<br />

HEIDEGGER, Was heist Denken?, in Vorträge und Aufsätze, Neske, Pfullingen (1954)<br />

1985 5 , pp. 123-137; trad.it.: Che cosa significa pensare?, in Saggi e discorsi, Mursia,<br />

Milano 1985, pp. 85-95). La facciamo nostra perché dice la situazione odierna riguardo<br />

al pensiero: non c’è più pensiero individuale – da qui l’angoscia di cui parlava Giacomo<br />

Contri – e non c’è più pensiero nella storia <strong>del</strong> pensiero.

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