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«UNIVERSITÀ». RI-CAPITOLARE - 1997 - Società Amici del Pensiero

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Conversazione 333<br />

in un mondo di obbligazioni, altrimenti dormiremmo per strada o<br />

nelle tende degli indiani. 433<br />

Essa è un dovere, un contratto; più volte l’abbiamo paragonata<br />

al rispettare un appuntamento. Non è generata dalla domanda, ma<br />

dal fatto che qualcuno vi risponde. Nell’esperienza più comune,<br />

per esempio tra genitori e figli piccoli, se c’è obbligazione, essa è<br />

da parte <strong>del</strong>l’adulto. Il bambino non ha affatto preso un<br />

appuntamento con il papà o con la mamma. Trattare il bambino<br />

come obbligato è un <strong>del</strong>itto. Sarà lui, un giorno, a obbligarsi.<br />

Anche il quarto comandamento lo riconosce come disobbligabile:<br />

dice infatti «onora» e con questo gli consiglia, fintanto che non<br />

riterrà di obbligarsi, come buona soluzione l’onorare, anche se<br />

avesse come genitori <strong>del</strong>le brutte facce. Meglio onorare le brutte<br />

facce, piuttosto che applicare la vendetta o la pura indifferenza,<br />

soluzioni entrambe giuridiche, ossia pratiche. L’onorare appartiene<br />

alla stessa famiglia <strong>del</strong> perdonare. Non esiste il dovere di<br />

perdonare, non foss’altro che perché per perdonare bisogna esserne<br />

capaci. Così come non si può fare dovere a nessuno di volare;<br />

volare è una facoltà, così come dire: «Alzati e cammina!»: occorre<br />

averne il potere. Non serve a nulla farne un dovere. Esattamente<br />

come non è un dovere l’amore.<br />

Esistono tuttavia obbligazioni patologiche: è per esempio il<br />

caso <strong>del</strong> malato che con un’espressione da logica o da fisica dice<br />

spesso, come per altro diciamo tutti, di «… sentisi obbligato». Si<br />

tratta semplicemente di una parola usata male: se la sostituissimo<br />

con «irrazionalmente necessitato» o, ancor meglio, «coatto»<br />

(parola che si ritrova nel contesto <strong>del</strong>la clinica) ci esprimeremmo<br />

correttamente. La coazione non ha nulla a che vedere con<br />

433 Grande Freud quando ha detto: «Non esiste il selvaggio. Il selvaggio è un<br />

nevrotico come tutti gli altri». È grossa: la cosa non è stata coltivata. Anche il bravo<br />

indiano d’America è un nevrotico. Nessuno ha tratto cultura da queste cose: per questo<br />

l’epoca sessantottina è stata molto equivoca. Pensate a un film come Soldato blu…<br />

Questo genere di discorsi lascia l’idea che il bambino sia un selvaggio. Quando questa<br />

idea viene abbandonata è soltanto per commettere un errore ancora più grave: che il<br />

bambino è nevrotico, malato dalla nascita.

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