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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

vanno dal commercio al detta<strong>gli</strong>o (con venti milioni di persone quest’ultimo contribuisce<br />

l’8% dell’occupazione e il 10% del PIL), alla ristorazione, alle varie forme<br />

d’impiego familiare e di auto-impiego, per finire nella miriade di quelle che costituiscono<br />

il settore informale – vedi 1.1.8. A questo bacino confluisce “parte di quella<br />

forza lavoro che il settore agricolo e quello industriale non riescono ad assorbire”, per<br />

cui il settore dei servizi, il cuore <strong>della</strong> “Shining India”, a ben guardare risulta segnato<br />

da un “profondo dualismo” (Adduci, 2010: 5-6). Solo recentemente la grande distribuzione<br />

organizzata ha cominciato ad affermarsi e i centri commerciali a diffondersi. In<br />

effetti, l’occupazione nei servizi è aumentata principalmente nei sub-settori che presentano<br />

un valore aggiunto molto alto o molto basso e nel complesso è solo cresciuta<br />

dal 24% del 1990 al 28% del 2010 (ma secondo Chatterjee (2008: 3) nel 2006) – vedi<br />

Tabella 1.4 e 1.6 – per cui non sembra che questo settore possa contribuire molto ad<br />

alleviare il problema <strong>della</strong> disoccupazione. A ogni modo, a novembre 2011 il governo<br />

indiano, affamato d’investimenti, è tornato sulla strada delle grandi riforme e ha aperto<br />

il mercato al detta<strong>gli</strong>o – un mercato che vale circa $450 miliardi – a<strong>gli</strong> stranieri, consentendo<br />

loro di investire nelle 53 maggiori città del paese, ma a causa delle proteste<br />

contro supermercati ha dovuto fare marcia indietro. Ultimamente, è fortemente cresciuto<br />

il numero dei centri di R&S delle multinazionali, passati “da meno di 100 nel<br />

2003 a circa 750 alla fine del 2009” (Goldstein, 2011: 80).<br />

Tornando ai servizi IT, la loro espansione dipende, oltre che dalla presenza di<br />

centri d’eccellenza e dalla diffusione <strong>della</strong> lingua inglese, dal fatto che essi risentono<br />

poco <strong>della</strong> mancanza o inadeguatezza delle infrastrutture, giacché i mercati cui si<br />

rivolgono sono internazionali; non sono afflitti dai problemi laborali e da<strong>gli</strong> scioperi<br />

che contraddistinguono il settore industriale tradizionale; come settore nuovo non<br />

sono soffocati dalle regolazioni e controlli che pesano sull’industria e<br />

sull’agricoltura; poiché non utilizzano materie prime non dipendono dalle imprese<br />

statali che le controllano; e non devono interagire molto con burocrazia e centri politici.<br />

Essendo un’area nuova si è potuta sviluppare senza una presenza del governo<br />

troppo oppressiva. Col senno di poi, il suo affermarsi è, quindi, meno inaspettato di<br />

quanto comunemente si assume.<br />

Cresciuti in media del 4,5% l’anno fino al 1980, contro il 5,3% dell’industria,<br />

ne<strong>gli</strong> anni ’80 i servizi hanno raggiunto il 6,6%, sempre, ma di poco, inferiore a<br />

quello dell’industria; sono balzati all’8% nella decade successiva per poi stabilizzarsi<br />

attorno al 10% nel periodo 2000-07 – vedi Tabella 1.5 e 1.6 – (Chandrasekhar e<br />

Ghosh, 2010: 11). Gli addetti nel settore da 284 mila che erano nel 1998, sono saliti<br />

a 2,0-2,5 milioni e la quota del PIL dell’industria IT ha superato il 7%. L’India è al<br />

primo posto per l’offshore outsourcing, un’industria nata proprio in India e cresciuta<br />

rapidamente ne<strong>gli</strong> anni ’90 grazie anche al boom del “dot.com” e alla partecipazione<br />

al lavoro di risoluzione dell’Y2K (“problema dell’anno 2000”) del quale ha catturato<br />

più <strong>della</strong> metà del mercato globale, generando un settore di esportazione di IT e<br />

BPO del valore di quasi $50 miliardi.<br />

I maggiori clienti dell’outsourcing indiano sono <strong>gli</strong> USA e l’UE che acquistano<br />

rispettivamente il 60% e il 31% delle esportazioni di IT e BPO. I principali settori<br />

interessati sono i seguenti: finanziario (41%), high-tech/telecom (20%), manifattura<br />

(17%) e vendita al detta<strong>gli</strong>o (8%). Nel 2010 l’India è stato il 10° paese esportatore di<br />

servizi per un valore di $110 miliardi, pari al 3% delle esportazioni mondiali, ma<br />

anche il 7° importatore di servizi per $117 miliardi. Nello stesso anno, la Cina ha<br />

esportato servizi per $170 miliardi, pari al 6,1% del totale mondiale e si è classificata<br />

al 3° posto tra i maggiori esportatori di servizi (WTO, 2011: 31 e 35).

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