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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

ma d’irrigazione efficiente, per cui si diffuse principalmente dove l’acqua era abbondante,<br />

e sia grossi investimenti, per cui si rese necessaria una politica di incentivazione<br />

a investire – nelle sementi, nei fertilizzanti e nella meccanizzazione dei processi<br />

produttivi – che assorbì un massiccio impiego di risorse pubbliche. Entrambe<br />

le cose favorirono i grandi proprietari e quelli medi, lasciando fuori gran parte dei<br />

più piccoli – passati dal 74% a quasi l’83% del numero totale dei coltivatori tra il<br />

1992 e il 2003 – e più poveri, il cui scarso accesso al credito agricolo si ridusse ulteriormente<br />

dopo il 1991 22 . Utilizzando impianti d’irrigazione basati su invasi per racco<strong>gli</strong>ere<br />

le piogge, fu possibile creare una stagione monsonica artificiale che permise<br />

di passare dalla semina di una sola cultura per anno a quella di due culture; inoltre,<br />

furono introdotte varietà ibride di grano e furono abbondantemente utilizzati fertilizzanti<br />

chimici. Inoltre, fra il 1967 e il 1977 la superficie coltivata con sementi ad alto<br />

rendimento passò dal 7% al 22% del totale, con picchi del 70% per il grano e del<br />

35% per il riso e l’area irrigata arrivò a rappresentare il 40% <strong>della</strong> terra coltivata.<br />

Inoltre, come sottolinea Adduci (2009: 27 e 24), la soluzione tecnicistica, relegando<br />

in un angolo l’obiettivo nehruviano di coniugare la crescita con la lotta alla<br />

povertà, rafforzava invece sia i divari regionali – il potere d’acquisto è fortemente<br />

concentrato nei maggiori centri urbani e zone limitrofe – sia le disegua<strong>gli</strong>anze sociali<br />

dell’area rurale. L’incapacità dello stato di realizzare la riforma agraria 23 , di ridurre<br />

il potere economico dei monopoli industriali e di introdurre un’efficiente tassazione<br />

diretta derivava da<strong>gli</strong> specifici rapporti di potere, cioè da quell’“alleanza fra<br />

borghesia indiana e ceti rurali dominanti che affonda le sue radici nel passato coloniale”,<br />

un “blocco storico” formatosi nel corso <strong>della</strong> lotta per l’indipendenza che,<br />

una volta raggiuntala, assunse la guida dello sviluppo economico nazionale e si rafforzò<br />

con la ‘Rivoluzione verde’” 24 .<br />

All’inizio, la “Rivoluzione verde” interessò quasi esclusivamente la produzione di<br />

grano e quindi essenzialmente la parte settentrionale del paese, il cui raccolto per ettaro<br />

passò da 1.300 chili nel 1970 a 2.700 nel 2004, tuttavia sempre un terzo di quello europeo.<br />

Aumento invece la produzione di riso. Molti contadini passarono alla coltivazione<br />

di cash crops (prodotti coltivati su larga scala per la vendita immediata), come<br />

semi oleosi e cotone, che restavano, però, esposti a forti variazioni dei prezzi. A ogni<br />

22 Con la riforma del 1991 l’accesso al credito agricolo, che era stato allargato grazie alle<br />

nazionalizzazioni bancarie volute da Indira Gandhi, tornò a essere governato esclusivamente<br />

dalle regole di mercato.<br />

23 I tentativi di ridistribuire la terra a chi non ne aveva, di assicurare istruzione e assistenza<br />

sanitaria ai poveri e di creare occupazione tramite programmi di lavori pubblici sono risultati<br />

ampiamente fallimentari, a causa dello scarso impegno mostrato dalle élites statali,<br />

<strong>della</strong> cattiva qualità delle burocrazie locali, ma principalmente dell’opposizione dei potenti<br />

interessi costituiti che li hanno ostacolati o sovvertiti (Kohli, 2006: 6).<br />

24 Secondo il 2010 Merryll Lynch-Capgemini World Wealth Report, in India le persone<br />

che possiedono almeno $1 milione da potere investire sono aumentate da 84 mila nel<br />

2008 a 126.700 alla fine del 2009. I miliardari indiani inclusi nella Forbes Gallery – che<br />

ne elenca 1210 per tutto il mondo – tra il 2004 e il 2011 sono passati da 9 a 55, mentre i<br />

miliardari giapponesi sono passati da 24 a 27 e quelli italiani sono restati a 14. Secondo<br />

Rajan (2008), la ricchezza dei miliardari indiani si basa essenzialmente su terra, risorse<br />

naturali e contratti pubblici, tutti fattori controllati dal governo. Anche più rapidamente<br />

stanno crescendo i milionari in rupie, la maggior parte dei quali vive nelle piccole città,<br />

dove si è avuta la vera crescita del paese, grazie a rapida industrializzazione, sviluppo del<br />

terziario e forte incremento dell’attività edilizia.

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