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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

scelte dei ricchi rurali e delle classi medie urbane sono molto simili”, ma poi riconosce<br />

che “di questo continuum dei consumi rurali e urbani non fanno parte i poveri<br />

rurali e i super ricchi urbani, i primi perché il loro potere d’acquisto è quasi nullo e i<br />

secondi perché estremamente pochi”.<br />

Differente lettura propone Gulati (2010: 214-15) secondo il quale (i) la performance<br />

di questo settore non dipende tanto da un alto tasso di crescita del PIL, quanto<br />

dall’accelerazione del tasso di crescita dell’agricoltura; e (ii) bisogna smettere di<br />

trattare l’agricoltura solo come coltivazione (farming) e vederla invece come agrosistema<br />

nel quale la coltivazione diventa una parte <strong>della</strong> catena di valore che va<br />

dall’offerta de<strong>gli</strong> inputs alla vendita al minuto de<strong>gli</strong> outputs, cioè coltivazione, vendita<br />

all’ingrosso, logistica, magazzinaggio, lavorazione e vendita al detta<strong>gli</strong>o. Le riforme<br />

devono quindi avvenire in linea con il cambiamento strutturale guidato dalla<br />

domanda che sta investendo l’economia indiana. Infatti, “la crescita del PIL che origina<br />

nell’agricoltura è almeno due volte più efficace a ridurre la povertà <strong>della</strong> crescita<br />

che avviene fuori del settore” (BM, 2007: 6), proprio il contrario di quanto sostenuto<br />

da Panagariya (2008: 311) – cioè la crescita dell’agricoltura origina fuori<br />

dell’agricoltura stessa, e la sua centralità non è necessaria per ridurre la povertà.<br />

Poiché in India si è scelto di partire con le riforme nel settore non agricolo, il processo<br />

di riduzione <strong>della</strong> povertà è stato confinato all’effetto di sgocciolamento (trickle<br />

down effect) e alla migrazione interna.<br />

Considerando che l’indiano medio spende, però, metà <strong>della</strong> sua spesa mensile in<br />

alimenti, emerge la centralità dell’agricoltura per la sicurezza alimentare. Perché<br />

l’economia cresca al 9% è necessario che l’agricoltura aumenti al tasso del 4% e Gulati<br />

mostra che in effetti questo settore tra il 1985-86 e il 2008-09 è cresciuto a un<br />

tasso medio del 3% l’anno, una differenza che non giustifica parlare di “severa crisi”.<br />

E se il tasso di crescita dell’agricoltura ha raggiunto il suo minimo (2,5%) nel<br />

periodo 1997-2001 lo stesso è accaduto in molti <strong>altri</strong> paesi <strong>della</strong> regione a causa <strong>della</strong><br />

crisi asiatica. Inoltre, dal 1995 l’India ha accumulato enormi scorte di grano ed è<br />

stata quasi sempre un’esportatrice netta di cereali. Di conseguenza, “la storia<br />

dell’agricoltura indiana dal 1997 si spiega essenzialmente con il comportamento delle<br />

piogge e con la crisi asiatica”, mentre le preoccupazioni che il settore causa sono<br />

dovute principalmente alla grande diversità dei risultati ottenuti dai differenti stati e<br />

quindi dalla maggiore lentezza con la quale la povertà si riduce in quelli con crescita<br />

ridotta del settore (Gulati, 2010: 219-20). Se poi si tengono in conto i mutamenti che<br />

l’aumento del reddito sta causando alla dieta indiana, cioè la crescente importanza di<br />

prodotti dell’ortofrutticoltura 31 , del latte, <strong>della</strong> carne e del pesce (mentre il consumo<br />

pro capite mensile dei cereali è diminuito da 14,9 a 12,1 chilogrammi tra il 1983 e il<br />

2004-05, diminuzione più marcata nelle aree urbane), è facile dedurre che “la crescita<br />

del settore agricolo non sarà dovuta ai cereali, ma all’agricoltura commerciale e<br />

d’alto valore aggiunto” (Gulati, 2010: 223). Naturalmente questa diversificazione<br />

richiede investimenti per creare le necessarie infrastrutture e organizzare i mercati.<br />

Al momento, però, il 45% de<strong>gli</strong> investimenti pubblici in agricoltura consiste in sussidi<br />

per inputs, come fertilizzanti, irrigazione ed elettricità i cui rendimenti marginali<br />

sono tutti più bassi di quelli di R&S, strade rurali, istruzione e quelli per i fertiliz-<br />

31 Rispetto ai cereali, l’ortifrutticultura ha rendimenti <strong>della</strong> terra dieci volte superiori e genera<br />

più posti di lavoro non agricoli nella lavorazione, confezione e marketing (BM,<br />

2007: 59).

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