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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

zione delle risorse e il monitoraggio dei servizi, come le scuole, ma richiede responsabilità<br />

e attendibilità (accountability) a tutti i livelli.<br />

Il concetto che me<strong>gli</strong>o spiega il fenomeno India è forse quello dell’“unità nella<br />

diversità”, secondo il quale una società con tante diversità interne necessariamente<br />

sviluppa un profondo senso di tolleranza, proprio per ridurre il rischio che il paese si<br />

frantumi, da qui il sorprendente effetto <strong>della</strong> diversità che diventa collante dell’unità<br />

nazionale. La diversità, inoltre, promuove l’unità creando l’Altro, necessario a ogni<br />

gruppo per definire la propria identità e mantenersi coeso. Di conseguenza, l’esistenza<br />

dell’Altro è essenziale per giustificare e perpetuare quella di ogni gruppo e perché<br />

gruppi simili cooperino. Il dispiegarsi di questo processo e la stabilità dell’intero<br />

modello dipende da un elemento vitale, la democrazia che, permettendo ai gruppi<br />

che pensano di essere stati svantaggiati di rifarsi alle urne, riduce il rischio delle sollevazioni<br />

o <strong>della</strong> secessione. La democrazia diventa così uno dei più importanti fattori<br />

per preservare l’unità, ma poiché la sua sopravvivenza è dovuta alla diversità,<br />

l’unità è assicurata proprio dalla diversità. Come scrive Luce (2006: 337-38), “il pluralismo<br />

indiano invece di mettere in pericolo la democrazia la rende essenziale”.<br />

Finora l’India è riuscita a mantenere insieme unità e frammentazione, ma questo<br />

complesso <strong>equilibri</strong>o potrebbe rompersi se si affrontasse più decisamente la crescente<br />

disugua<strong>gli</strong>anza e la diffusa povertà che continuano ad accompagnare l’ascesa economica<br />

del paese, perché questo implicherebbe andare oltre l’accettazione <strong>della</strong> diversità<br />

come normalità, attitudine che in India è già abbastanza diffusa, e accelerare il processo<br />

d’inclusione. Se però si arrivasse a concludere che la globalizzazione facilita la disugua<strong>gli</strong>anza,<br />

sarebbe allora il modello economico a dover essere profondamente rivisto.<br />

Inoltre, nel caso di un’eventuale caduta <strong>della</strong> crescita, difficilmente chi n’è stato<br />

avvantaggiato sarebbe disposto a tornare alla situazione precedente senza lottare.<br />

Malgrado queste considerazioni e il moltiplicarsi delle incertezze globali,<br />

l’ascesa indiana, come quella cinese, resta un evento epocale e l’affermarsi di queste<br />

due potenze non potrà che modificare profondamente l’economia mondiale, la struttura<br />

del sistema internazionale e <strong>della</strong> sua governance.<br />

1.2 L’INDIA E IL RESTO DEL MONDO<br />

Subito dopo l’indipendenza e sotto l’influenza gandhiana il governo indiano cominciò<br />

a confrontarsi con <strong>gli</strong> <strong>altri</strong> paesi, e particolarmente con i PVS, ma fu Nehru a<br />

tracciare le linee guida <strong>della</strong> politica estera che, in qualche, modo resistettero fino a<br />

tutti <strong>gli</strong> anni ’80, e cioè indipendenza, non allineamento, solidarietà con il Terzo<br />

mondo e antimperialismo, specialmente nei confronti de<strong>gli</strong> USA. Nehru appoggiò,<br />

quindi, il movimento di solidarietà afro-asiatica 66 e si adoperò perché alla conferenza<br />

di Bandung (aprile 1955) fosse invitato il primo ministro cinese Chu En-lai, nonostante<br />

che la Cina nel 1950 avesse invaso il Tibet e lo avesse annesso. L’attacco<br />

cinese nell’ottobre 1962 fu la dimostrazione definitiva di quanto poco valessero la<br />

solidarietà afroasiatica e la coesistenza pacifica care a Nehru. L’anno dopo la Cina<br />

66 Mentre il movimento afro-asiatico mirava a completare il processo di decolonizazione,<br />

il non allineamento era per definizione ristretto a quelle nazioni che non avevano concluso<br />

patti né con l’URSS e né con <strong>gli</strong> USA. Per questo il movimento dei non allineati durò<br />

molto più a lungo del primo.

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