L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi
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Introduzione<br />
Il problema è che sia l’amministrazione imperiale britannica che i governanti indiani<br />
hanno largamente ignorato la scuola primaria e secondaria 60 , per cui il sistema<br />
universitario, la cui costruzione iniziò nel 1857, difficilmente poteva essere mi<strong>gli</strong>ore.<br />
Il declino ha avuto un’accelerazione ne<strong>gli</strong> anni ’70, quando la percentuale sul<br />
PIL de<strong>gli</strong> investimenti destinati all’istruzione superiore diminuì dal 7,4% del primo<br />
Piano quinquennale (1951-56) al 2,7% del 1980 (Nilekani, 2009: 323). Al momento,<br />
la spesa totale destinata all’istruzione supera di poco il 3% del PIL, un “settore che<br />
rappresenta il peggiore fallimento del governo indiano” (Das, 2006).<br />
In India si trovano più di 18 mila college (per undergraduates e bachelor of arts)<br />
dove studia l’11% <strong>della</strong> gioventù indiana e più di 400 università (postgraduates e<br />
Ph.D) (erano 12 al momento dell’indipendenza) con non meno di 12 milioni di studenti.<br />
Circa due terzi delle università, particolarmente quelle private, e il 90% dei<br />
college sono, però, considerati al di sotto <strong>della</strong> media. L’India produce annualmente<br />
più di 3 milioni di college graduates di cui circa 260.000 provengono dalle facoltà<br />
di ingegneria e scienze (Prasenjit Basu, 2005: 59-60) – vedi nota 37 del capitolo 1.<br />
Il sistema è altamente centralizzato e strettamente controllato dall’University<br />
Grants Commission. Non fanno parte di questo sistema <strong>gli</strong> Indian Institutes of Technology<br />
(IIT) e <strong>gli</strong> Indian Institutes of Management (IIM), istituzioni che sono le<br />
mi<strong>gli</strong>ori del paese e come tali riconosciute internazionalmente. Il sistema universitario<br />
indiano è, quindi, duale ed è “diventato inerte e incapace di adattarsi a<br />
un’economia in rapida evoluzione e perfino i suoi mi<strong>gli</strong>ori istituti… sono in pericolo”,<br />
un pericolo reso ancor più reale dall’estensione nel 2006 <strong>della</strong> riserva dei posti<br />
(reservation) per le varie caste, alle università private, il cui livello, in generale, è<br />
già abbastanza più basso di quelle pubbliche, e anche a istituzioni élitarie come ITT<br />
e IIM. Questa decisone – per cui il 50% circa dei posti (il 69% nel Tamil Nadu) sono<br />
riservati ai membri delle caste inferiori o non privilegiate – ha reso ancora più<br />
difficile l’accesso per la “categoria generale” de<strong>gli</strong> studenti e ha allontanato di molti<br />
anni la possibilità di riformare il sistema educativo indiano (Nilekani, 2009: 316 e<br />
331). In effetti, la politica dei posti riservati ha devastato il sistema educativo superiore<br />
più di quanto abbia fatto in altre aree (Bahl, 2010: 207) 61 .<br />
Il sistema educativo indiano è un sistema bipolare, nel senso che a una gran massa<br />
di gente analfabeta o con una scarsa conoscenza delle maggiori lingue utilizzate<br />
nel paese e nessuna dell’inglese, si contrappone un consistente numero, in rapida<br />
crescita, di ingegneri, esperti di microelettronica e <strong>altri</strong> laureati con una buona conoscenza<br />
dell’inglese. Una situazione che certamente influenza la struttura produttiva<br />
60 In verità, nel 1986 Rajiv Gandhi avviò la “National Policy on Education” (NPE) finalizzata<br />
a perequare le opportunità educative e favorire l’istruzione di massa, per cui cominciò<br />
a crescere la spesa pubblica allocata per la scuola primaria, ma a giudizio generale<br />
l’NEP risultò un “costoso fallimento”. L’NPE fu seguito nel 1994 dal “District Primary<br />
Education Programme” e infine da quello vigente entrato in vigore nel 2001. Con l’arrivo<br />
dell’approccio neo-liberista ne<strong>gli</strong> anni s’afferma l’idea di fondo che “ci deve essere una<br />
rinuncia al monopolio da parte del ministero dell’Istruzione e che, in questa prospettiva,<br />
l’obiettivo del 6% del PIL da destinare all’istruzione (che come si è visto era stato da lungo<br />
tempo programmato) non è soltanto irrealistico, ma soprattutto non è giustificato”<br />
(Cobalti, 2020: 49, 53 e 57), come sostenuto anche da Panagariya (2008: 454).<br />
61 “Ne<strong>gli</strong> anni, la bandiera dei “posti riservati” è diventata una potente arma simbolica di<br />
mobilitazione elettorale, ed è stata usata in tal senso dalla maggior parte dei partiti tradizionali”<br />
(Menon e Nigam, 2009: 24).<br />
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