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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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La “grande Potenza povera”<br />

più alta incidenza nelle aree di coltivazione del cotone del Maharashtra e del Punjab<br />

(Jha, 2010: 382-84 e 387 e Torri, 2009: 243-44). In sintesi, il tasso di crescita<br />

dell’agricoltura si ridusse sensibilmente ne<strong>gli</strong> anni ’70, ebbe una forte ripresa ne<strong>gli</strong><br />

anni ’80 e da allora è variato molto, ma è costantemente declinato.<br />

Naturalmente, le cause <strong>della</strong> crisi dell’agricoltura indiana sono molte e alle piccole<br />

dimensioni e alla frantumazione <strong>della</strong> proprietà 28 , Nilekani (2009: 18) aggiunge<br />

le seguenti: (i) mancanza di flessibilità del mercato del lavoro che ha impedito il trasferimento<br />

dei lavoratori agricoli nell’industria manifatturiera, per cui la produttività<br />

è restata bassa e la disoccupazione alta; (ii) scarsità di infrastrutture che ha limitato<br />

l’accesso de<strong>gli</strong> agricoltori ai mercati, mentre una serie di regole li hanno costretti a<br />

vendere a compratori locali, e quindi, al prezzo da questi fissato; (iii) crescente degrado<br />

del suolo e riduzione delle risorse idriche dovuti all’aggravarsi dei problemi<br />

ambientali; (iv) assenza di organizzate catene di vendita e reti d’offerta (supply<br />

chains) che ha accresciuto <strong>gli</strong> scarti e le perdite dei prodotti, ovvero mancanza di un<br />

collegamento tra agricoltura e industria alimentare; e, infine, (v) assenza di<br />

un’efficace copertura finanziaria per la maggior parte delle fami<strong>gli</strong>e rurali che ha<br />

reso difficile innovare, sperimentare e assumere rischi. Ma la causa principale <strong>della</strong><br />

crisi agricola è da cercare nella politica economica adottata dal governo all’inizio<br />

de<strong>gli</strong> anni ’90 che ha portato al ristagno <strong>della</strong> produzione in termini assoluti e alla<br />

sua diminuzione in termini di prodotto pro capite. E per la prima volta dopo<br />

l’indipendenza, il tasso di crescita <strong>della</strong> popolazione ha superato quello <strong>della</strong> produzione<br />

di derrate alimentari, mentre sono cresciute le scorte alimentari mantenute dallo<br />

stato, specchio <strong>della</strong> sostanziale riduzione <strong>della</strong> capacità di spesa dei poveri, particolarmente<br />

di contadini, causata dalla scarsa crescita dei posti di lavoro nel settore<br />

rurale. Per questo il governo ha creato nel 2005 il “National Rural Employment<br />

Guarantee Scheme” (NREGS) che dovrebbe garantire a ogni membro adulto di una<br />

fami<strong>gli</strong>a rurale 100 giorni di lavoro l’anno, schema che per ora sembra raggiungere<br />

solo una modesta percentuale de<strong>gli</strong> aventi diritto.<br />

La decelerazione <strong>della</strong> produttività e del livello di reddito agricolo, che si è verificata<br />

a partire dalla metà de<strong>gli</strong> anni ’90 sottolinea il crescente divario tra la produttività<br />

del lavoratore agricolo e quella del lavoratore non agricolo. Fortunatamente,<br />

sembra che notevoli aumenti di produttività e di raccolti siano ancora possibili<br />

(Bahl, 2010: 202), ma l’agricoltura indiana langue invece sotto una coltre di inutili<br />

sussidi, diffusa corruzione e prezzi controllati, mentre il limitato accesso a prestiti a ragionevoli<br />

condizioni impedisce l’emergere di un’imprenditoria rurale, l’ampliamento<br />

delle fattorie e l’investimento in nuove strategie e tecnologie di rotazione. Nauralmente,<br />

la distribuzione di risorse tramite crescenti sussidi o cancellazione di prestiti non è una<br />

soluzione efficiente o ottimale e, continua Gulati (2010: 214), “anche un tasso di crescita<br />

del 8-9% del PIL potrebbe ridurre poco la povertà senza un’accelerazione del tasso di<br />

28 Per Mezzetti (2009c: 294), la frantumazione <strong>della</strong> proprietà <strong>della</strong> terra “ha contenuto <strong>gli</strong><br />

squilibri sociali nei villaggi”, ma ha anche seriamente “limitato le possibilità di sviluppo<br />

imprenditoriale dell’agricoltura e di crescita dell’agro-industria, non consentendo adeguate<br />

economie di scala”, per cui questo settore è restato fortemente dipendente dalla spesa<br />

pubblica. Tra il 1980-81 e il 2003 <strong>gli</strong> agricoltori con meno di due ettari di terreno sono<br />

passati dal 75,3% all’87,6% e l’area coperta da questi piccoli poderi è passata da 28,1% a<br />

43,5% del totale coltivato. Naturalmente, questi agricoltori non possono permettersi trattori<br />

o avanzate tecniche di produzioni.<br />

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