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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

che “il motore <strong>della</strong> crescita può andare in panne non solo per le debolezze nella<br />

struttura fisica ma anche per quella nella struttura soft delle istituzioni”.<br />

Ora <strong>gli</strong> scandali legati alla corruzione hanno paralizzato il Parlamento e ulteriormente<br />

ridotto la già limitata capacità di agire di un governo nato debole, la cui<br />

sorte è resa ancora più incerta dal precario stato di salute di Sonia Gandhi. Di conseguenza,<br />

l’azione riformista che dal 2004 si era venuta indebolendo, ora sembra decisamente<br />

esaurita, mentre si sono rafforzate le forze anti crescita, il che naturalmente<br />

“solleva seri dubbi, avverte Shankar Acharya (2011), sulla traiettoria economica di<br />

lungo periodo del paese”. In India, la democrazia elettorale inibisce in maniera evidente<br />

la logica liberista. Per quanto liberalizzazione e privatizzazioni siano importanti,<br />

argomenta Subramanian (2009: 144), le fortune del settore pubblico dipendono<br />

anche dalla presenza di forti ed efficaci istituzioni, come giustizia e burocrazia. In<br />

altre parole, l’India ha bisogno di meno governo, m anche di mi<strong>gli</strong>or governo nelle<br />

aree più importanti. Infatti, “particolarmente notevole è che sotto molti aspetti<br />

l’India stia crescendo, scrive Das (2006), non tanto con l’aiuto dello stato, ma nonostante<br />

lo stato”, la cui burocrazia “vasta e inefficiente costituisce il maggior ostacolo<br />

per la crescita e l’occupazione e un peso per i consumatori … Le riforme più difficili<br />

non sono state ancora fatte, e già appaiono i segni di autocompiacimento”.<br />

Se J.K. Galbraith pensava che l’India fornisse una buona illustrazione di una<br />

“functioning anarchy”, il succedersi senza sosta di scandali che coinvolgono i personaggi<br />

chiave <strong>della</strong> politica e dell’economia indiana sembra gettare ombre preoccupanti<br />

sul futuro sia del capitalismo indiano che del sistema politico del paese. Recentemente<br />

Jayant Sinha – direttore esecutivo dei fondi d’investimenti Omidyar<br />

Network – ha paragonato l’India alla Russia e Raghuram Rajan – ex capo economista<br />

del FMI e ora professore all’Università di Chicago – “teme che l’India possa declinare<br />

verso un’oligarchia iniqua come quella russa” (Rajan, 2008). A questo punto<br />

una domanda sorge spontanea: è possibile avere una società aperta senza<br />

un’economia aperta? Cioè, è possibile che la democrazia possa prosperare in un sistema<br />

economico ampiamente oligarchico e quindi anche poco efficiente? Forse si,<br />

se si accetta che il costo di un sistema oligarchico può essere scaricato su una parte<br />

consistente <strong>della</strong> società.<br />

Gli effetti perversi generati dalla graduale inserzione dell’economia indiana in<br />

quella globale riguardano l’aumento sia delle disugua<strong>gli</strong>anze sociali e sia di quelle<br />

geografiche. Se alle prime si è cercato di reagire con le politiche di discriminazione<br />

positiva in favore delle caste basse, contrastare le seconde appare più difficili, per<br />

cui si rafforza il rischio che si riaprano pericolose tensioni regionaliste che finora lo<br />

stato – con federalismo e ridistribuzione – era riuscito ad arrestare.<br />

In realtà, ci sono tante Indie, “ma la regola è ancora l’‘India povera’ piuttosto<br />

che l’‘India precoce’” che sfida la sequenza <strong>della</strong> tradizionale teoria dello sviluppo,<br />

inverte la direzione dei flussi internazionali di capitale e conserva la democrazia,<br />

nonostante i bassi livelli di reddito, l’analfabetismo e le notevoli fratture <strong>della</strong> società<br />

(Subramanian, 2009: 107). Il problema è che l’accresciuta distanza tra masse ed<br />

elites di governo può ridimensionare seriamente il potenziale ruolo internazionale<br />

del paese e la sua influenza nel mondo. Inoltre, non va dimenticato che mentre per<br />

molti il progetto di sviluppo indiano mira a costruire un’economia capitalista e una<br />

società di tipo occidentale, la cultura del paese è spesso implicitamente critica del<br />

sistema di valori che sono alla base di entrambe. Ma se la modernizzazione occidentalizzante<br />

mina le radici culturali dell’India, ne indebolisce anche l’identità, il che

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