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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

poggia su un ampio settore manifatturiero dove la produttività è più alta e può essere<br />

ulteriormente aumentata grazie alle tecnologie importate con <strong>gli</strong> IDE.<br />

Alcuni, quindi, reputano che tale scelta non sia alla lunga nell’interesse indiano, sia<br />

da un punto di vista di efficienza che di equità e temono che l’importanza dei servizi<br />

sia stata esagerata. Infatti, per continuare a crescere economicamente e simultaneamente<br />

raggiungere una più equa distribuzione del benessere sempre più appare necessario<br />

che il processo economico si basi su un ampio settore manifatturiero, il solo capace<br />

di sostenere l’esportazione e di assorbire la crescente manodopera indiana.<br />

È anche vero che il modello indiano sembra vanificare l’assunto che i PVS possano<br />

difficilmente svilupparsi se simultaneamente adottano il sistema democratico,<br />

ma prima di accettare questa conclusione sarebbe, però, opportuno attendere per essere<br />

sicuri che nel lungo periodo la crescita indiana sia sostenibile. Ma già ora si dubita<br />

che il settore dei servizi esportabili – vedi sopra, inizio 1.1.4. –, possa far diventare<br />

l’India più di quello che è oggi, cioè “the world’s back office”, in quanto <strong>gli</strong> indiani<br />

continuerebbero solo a eseguire quello che i loro clienti hanno pensato e disegnato.<br />

Non avendo imparato a inventare prodotti tecnologici, i capitali esteri non<br />

trovano da investire nel settore dei servizi e conseguentemente si stanno spostando<br />

su commercio al detta<strong>gli</strong>o, immobiliare, alberghi e <strong>altri</strong> settori non-tech. A questo si<br />

aggiunge, sostiene Sramana Mitra (2008) l’assotti<strong>gli</strong>arsi del differenziale salariale –<br />

da 1:6 all’attuale 1:3 – che finora ha contribuito non poco alla crescita di questo settore<br />

e che, quindi, potrebbe rendere meno economico l’utilizzo del lavoro indiano.<br />

Va anche tenuto in conto che le imprese leader indiane, come TCS, Infosys e<br />

Wipro non sono più così giovani e se vo<strong>gli</strong>ono muovere nella serie A dei servizi<br />

globali di IT devono assumere molte più persone nei paesi avanzati, e questo non<br />

solo perché le capacità richieste cominciano a scarseggiare in India, ma anche perché<br />

una presenza fisica é spesso necessaria per certi compiti, particolarmente per la<br />

consulenza (TE, 05.11.11).<br />

Infine, perché la crescita trainata dai servizi sia sostenibile occorre una robusta<br />

struttura di telecomunicazioni, un più avanzato sistema d’istruzione secondaria e universitaria<br />

e un governo che sostenga con una varietà di misure la crescita del settore.<br />

Delle difficoltà che finora hanno incontrato le prime due condizioni si è già detto,<br />

<strong>della</strong> terza si può solo dire che quello dei servizi più avanzati si è sviluppato anche<br />

grazie al fatto che lo stato, per vari motivi, è stato latitante.<br />

Per tutte queste ragioni, molti sostengono che una crescita sostenuta dell’India<br />

debba passare per la costruzione di una moderna industria manifatturiera che crei<br />

occupazione e generi esportazioni.<br />

7.3 CONSIDERAZIONI FINALI<br />

Per sostenere che l’India sia ormai entrata in un circolo virtuoso di accelerato<br />

sviluppo si sottolinea l’alto tasso di crescita mantenuto dal 2003-04, la rapida uscita<br />

dalla crisi finanziaria globale e il rilevante aumento del tasso d’occupazione tra il<br />

1999-2000 e il 2004-05, e si sostiene che le forze del mercato abbiano, o possano,<br />

vanificare antiche norme sociali, in particolare quelle castali e di genere. La complessa<br />

realtà indiana potrebbe dimostrare <strong>altri</strong>menti. Infatti, la forza del suo capitalismo<br />

deriva, almeno in parte, dal persistere e anzi dall’ampliarsi del gran numero di<br />

lavoratori occupati in attività precarie e a basso salario, giacché <strong>gli</strong> imprenditori

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