L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi
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L’India e il resto dell’Asia<br />
Cresce, frattanto, la rivendicazione indiana di un ruolo maggiore nell’Oceano Indiano<br />
e nei paesi litoranei. Accettando la garanzia di sicurezza americana, l’India<br />
potrebbe concentrarsi sul proprio sviluppo economico, limitando i compiti <strong>della</strong> marina<br />
militare al semplice controllo delle linee di comunicazione che s’incrociano in<br />
quell’Oceano. Ma se per New Delhi la “Dottrina Monroe” non è solo uno slogan per<br />
giustificare l’egemonia regionale, quindi la sicurezza marittima non può essere lasciata<br />
a una potenza straniera, cioè non si può fare il free rider, e bisogna sce<strong>gli</strong>ere<br />
tra assumere il ruolo di “uomo forte” o di “poliziotto” (strongman o constable nella<br />
terminologia di Holmes e Yoshihara (2008). Nel primo caso, <strong>gli</strong> interessi strategici indiani<br />
si estenderebbero non solo su tutto l’Oceano Indiano, ma anche al Mar Rosso ed<br />
eventualmente al Mar Cinese Meridionale (per la prima volta incluso ufficialmente tra<br />
<strong>gli</strong> “interessi secondari marittimi”, mentre la sicurezza <strong>della</strong> zona costiera resta prioritaria),<br />
al Pacifico occidentale e perfino al Mediterraneo e all’Atlantico. Naturalmente,<br />
questo richiederebbe una potente flotta e una capacità militare che l’India non potrà<br />
permettersi ancora per molto tempo a venire. Non resta allora che ripiegare sulla politica<br />
del “poliziotto” per la quale lo strumento militare è sempre importante, inclusa la<br />
creazione di una flotta per ciascuna delle due coste, ma che si accorda benissimo con<br />
la collaborazione caso per caso con altre potenze. Di fronte ad una crescente minaccia,<br />
a un’aumentata fiducia nazionale e una maggiore capacità navale – cioè rafforzamento<br />
dell’industria militare e costruzione di 4-6 portaerei (carrier task forces), 2-3 flotte di<br />
sottomarini dotati di missili balistici e un insieme di sottomarini nucleari e tradizionali<br />
– la dottrina indiana <strong>della</strong> sicurezza potrebbe essere effettivamente applicata all’area<br />
compresa tra Capo Horn e Stretto di Malacca. Per ora, però, rimane in pratica è quella<br />
del “free rider”, ma nel lungo periodo la scelta potrebbe cadere su quella del “poliziotto”<br />
o anche su quella dell’“uomo forte” se, per esempio, la Cina dovesse dispiegare i<br />
suoi sottomarini nucleari nel “cortile” dell’India.<br />
* * *<br />
La Cina è già abbastanza avanti nell’organizzare intorno a sé un grande spazio<br />
autonomo e gerarchico, il che però pone i paesi dell’Asia orientale a dover sce<strong>gli</strong>ere,<br />
e accettare le conseguenze di tale scelta, se legarsi alla Cina o invece cercare di controbilanciarla<br />
appoggiandosi a<strong>gli</strong> USA, come ha fatto il Giappone, o all’India, come<br />
New Delhi vorrebbe.<br />
Finora l’India ha avuto “rapporti difficili con tutti i paesi vicini e si è tenuta a<br />
lungo lontana dalle forme d’integrazione regionale emerse in passato e, in particolare,<br />
da quelle mo<strong>della</strong>te sull’esperienza comunitaria. Oggi quest’atteggiamento sta<br />
cambiando e l’India guarda al Sud-Est asiatico come una zona naturale di proiezione<br />
dei suoi interessi… Un dinamismo che ha ingenerato nei vicini il sospetto di mire<br />
egemoniche e rinfocolato vecchi timori” (Armellini, 2008: 10).<br />
L’India ha avuto grosse difficoltà a sviluppare “una logica di integrazione economica<br />
regionale in grado di sostituirsi ai blocchi geopolitici prodotti dalla divisione<br />
del 1947” e infatti “ufficialmente il commercio intraregionale costituisce solo il 5%<br />
de<strong>gli</strong> scambi complessivi dei cinque principali paesi del subcontinente (al quale si<br />
aggiungono però <strong>gli</strong> scambi informali, valutati ad esempio a $1,5 miliardi nel caso<br />
del Pakistan), una zona dove si concentra “ancora il 40% dei poveri di tutto il mondo”<br />
(Boillot, 2007: 112 e 113).<br />
Allo stesso tempo, però, ha compreso che se vuole consolidare il proprio potenziale<br />
geopolitico deve stringere a oriente e nel sudest asiatico amicizie stabili e stra-<br />
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