L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi
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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />
Ma come <strong>gli</strong> USA, l’India è alquanto sospettosa <strong>della</strong> governance come delle istituzioni<br />
globali, che considera un’intrusione nel sovrano processo decisionale nazionale.<br />
Inoltre, mentre poche delle decisioni prese dall’ONU toccano <strong>gli</strong> interessi centrali<br />
indiani, quelle delle istituzioni economiche multilaterali hanno un impatto concreto<br />
sul paese che quindi considerata queste ultime un’estensione <strong>della</strong> propria politica<br />
economica, piuttosto che organismi che perseguono una visione di governance globale.<br />
Questo è evidenziato dal caso dell’OMC dove l’India fu al centro dello scontro sul<br />
commercio agricolo che nel 2008 causò la paralisi del “Doha Round” dal quale essa si<br />
aspettava scarsi benefici e, quindi, non era politicamente incentivata al compromesso.<br />
La partecipazione indiana all’OMC è responsabilità quasi esclusiva del ministro del<br />
Commercio e i negoziatori sono principalmente suoi funzionari.<br />
La BM e l’ADB sono importanti fonti per il finanziamento dello sviluppo, ma<br />
poiché le dimensioni dell’India sono tali che l’aiuto allo sviluppo rappresenta necessariamente<br />
una quota relativamente modesta <strong>della</strong> sua economia, le sue priorità oltre<br />
che adeguati finanziamenti includono anche cambiamento climatico, generazione di<br />
energia pulita e pochi controlli e interferenze sui programmi di sviluppo.<br />
L’India è uno dei cinque paesi, insieme a Cina, Brasile, Sudafrica e Messico, i cui<br />
leaders, a partire dal 2005, sono invitati ogni anno al G-8 per avviare un processo non<br />
negoziale di dialogo sui principali temi <strong>della</strong> globalizzazione e benché conscia del<br />
proprio stato di membro junior, tuttavia è ben felice di partecipare a questo tipo di dialogo<br />
sperando di poter eventualmente mi<strong>gli</strong>orare la propria posizione. Il processo di<br />
adattamento delle istituzioni multilaterali esistenti alle nuove realtà che stanno maturando<br />
è complicato dal fatto che è essenzialmente l’Europa a veder ridotto il proprio<br />
ruolo per far spazio alle economie emergenti (Schaffer, 2009: 72-76 e 78-79).<br />
Nelle ultime decadi l’approccio di New Delhi a politiche e riforme economiche<br />
interne è probabilmente cambiato, ma i termini del suo impegno con le istituzioni<br />
finanziarie internazionali, specialmente con il FMI, continuano in larga misura a essere<br />
influenzati dalla mentalità che prevaleva ne<strong>gli</strong> anni ’80. Un significativo cambiamento<br />
concerne, però, la posizione ufficiale assunta dal governo rispetto alle varie<br />
questioni che riguardano la struttura <strong>della</strong> governance delle istituzioni finanziarie<br />
(Bhattacharya, 2010: 43). Da<strong>gli</strong> anni ’90 l’economia indiana si è rafforzata per cui è<br />
diminuito il bisogno di ricorrere ai fondi del FMI o ai prestiti dalla BM con annessi<br />
aggiustamenti strutturali. Non è però cambiata la mentalità dei leaders politici per<br />
molti dei quali le istituzioni finanziarie internazionali sono ancora accettate con una<br />
qualche riserva e spesso anche con sospetto. E anche se l’articolata e consistente op-<br />
nucleare per presentarsi come paese moralmente responsabile; (ii) sostegno <strong>della</strong> causa<br />
del disarmo nucleare universale e mantenimento di un deterrente nucleare; (iii) rifiuto di<br />
firmare il TNP perché questo perpetua la discriminazione tra i paesi che posseggono la<br />
bomba nucleare e quelli che non la posseggono mettendo così in dubbio la “moralità” del<br />
regime; (iv) crescente preoccupazione per la proliferazione e la nuclearizzazione (cioé più<br />
reattori per uso civile e militare), ma rifiuto di partecipare ai regimi nucleari internazionali,<br />
il che ha causato frequenti frizioni tra attese internazionali, considerazioni di sicurezza<br />
nazionale e questioni di moralità e correttezza. Il fatto, quindi, che l’India abbia spesso<br />
usato la carte dell’attore “responsabile e morale” per ottenere quello che voleva fa nascere<br />
il dubbio che la sua sia solo una semplice copertura retorica dei veri fini e resta da spiegare<br />
perché la comunità internazionale abbia tollerato che il paese ottenesse deterrenza ed<br />
energia nucleare. È chiaro che, paludandosi in abiti morali, la realpolitik indiana sia riuscita<br />
a offuscare i fini reali con la retorica.