L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi
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La “grande Potenza povera”<br />
se il ruolo che esse hanno avuto è stato relativamente modesto 18 . I vari squilibri che<br />
caratterizzano il sistema economico indiano – tra livelli retributivi dei settori emergenti<br />
e di quelli convenzionali, tra città e campagna e tra differenti livelli di sviluppo<br />
territoriale – possono correggersi solo investendo di più nell’istruzione e nella salute,<br />
in modo da mi<strong>gli</strong>orare la qualità <strong>della</strong> forza lavoro e in infrastrutture per facilitare<br />
la nascita di imprese e, quindi, la creazione di nuovi di posti di lavoro, cosa non facile<br />
se invece si mira a ridurre a ogni costo il ruolo dello stato e la spesa pubblica. In<br />
effetti, “l’India non è ancora un paese molto business-friendly” (Nilekani, 2099: 75)<br />
e, infatti, nell’indice “The Ease of Doing Business” del 2010, che copre 183 paesi,<br />
l’India occupa il 134° posto – mentre la Cina è al 79°, il Pakistan all’83° e l’Italia<br />
all’80°. L’India occupa anche il 164° posto per “la facilità di iniziare un’attività economica”<br />
e il 182° per l’”esecutorietà dei contratti”. Nell’indice “Entrepreneurship<br />
and Opportunity” l’India occupa il 93° posto su 110 paesi.<br />
Considerando il dualismo dell’economia indiana e la sua parziale apertura (47%,<br />
paragonata al 72% <strong>della</strong> Cina) si pensò che la crisi globale scatenatasi nel 2008 dovesse<br />
colpire principalmente i settori emergenti e fosse la causa dell’impennata che<br />
l’inflazione aveva subito a partire dal 2007. Inoltre, se si considera che il sistema bancario,<br />
relativamente chiuso e conservatore, risultava poco esposto ai titoli in pericolo e<br />
che le esportazioni nel 2009 rappresentavano solo il 15% del PIL (dal 7% del 1990), si<br />
capisce perché il governo e la comunità de<strong>gli</strong> affari abbiano a lungo sottostimato<br />
l’impatto <strong>della</strong> recessione globale. Sfortunatamente, però, essa ha causato una massiccia<br />
uscita di capitali finanziari ($12 miliardi tra gennaio e ottobre 2008), ha colpito il<br />
manifatturiero in modo molto più forte di quanto previsto e ha avuto un serio impatto<br />
negativo sull’informatica che ha subito una riduzione sia delle esportazioni verso <strong>gli</strong><br />
USA, il suo mercato maggiore, e sia dell’outsourcing dei servizi, dimostrando così che<br />
nemmeno per l’India sia era materializzato l’atteso decoupling dall’economia mondiale.<br />
Il fatto è che, contrariamente al caso cinese, due terzi delle esportazioni indiane dipendono<br />
in grande misura da forniture locali, per cui la caduta delle esportazioni “ha<br />
avuto una forte ricaduta su tutta la catena produttiva interna”, e “il livello di esternalizzazione<br />
dell’economia indiana (comprendente non solo le importazioni e le esportazioni,<br />
ma anche i servizi, i software, i flussi di capitali e le partite invisibili) è passato<br />
dal 19% nel 1990-1991 al 52% nel 2007-2008” (Mezzetti, 2009a: 156-57).<br />
All’inizio del 2012 l’economia indiana presenta una svalutazione a due decimali<br />
<strong>della</strong> rupia; rischio di ulteriore inflazione come conseguenza de<strong>gli</strong> aumenti dei prezzi<br />
delle importazioni; saldo delle partite correnti <strong>della</strong> bilancia dei pagamenti superiore<br />
al 5% del PIL; debito pubblico che supera il 60% del PIL; tasso d’interesse al<br />
di sopra dell’8%; e, infine, una politica fiscale eccessivamente debole. Il risultato è<br />
un tasso di crescita già inferiore a quello del 2011, stimato pari a 7,1%.<br />
* * *<br />
Si sta sempre più diffondendo l’espropriazione <strong>della</strong> terra senza consenso e spesso<br />
senza compenso. Questa prassi è stata aggravata dall’incontrollato moltiplicarsi<br />
18 Al momento dell’indipendenza, numerose furono le imprese straniere, soprattutto britanniche,<br />
che tentarono, senza troppa convinzione, di adeguarsi all’import-substitution,<br />
finché nel 1973 il “Foreign Exchange Regulation Act” le convinse ad abbandonare il paese<br />
(Goldstein, 2011 78).<br />
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