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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

postali di risparmio, per cui in media le fami<strong>gli</strong>e partecipano solo marginalmente ai<br />

mercati di capitale, continuando invece a non investire direttamente nei mercati azionari<br />

e a non avere nessun ruolo in quelli obbligazionari.<br />

Il mercato di capitali più sviluppato è quello azionario, seguito da quello delle obbligazioni<br />

statali, mentre il mercato obbligazionario privato resta molto limitato. Le<br />

borse azionarie sono 23, ma due sono quelle che contano veramente: NSE e Bombay<br />

Stock Exchange (BSE). Il primo intervento importante per la liberalizzazione di questo<br />

settore arrivò nel 1992, quando il “Security and Exchange Board of India” (SEBI) ottenne<br />

il suo statuto, venne abolito il controllo del governo su quest’organismo e si<br />

permise anche a<strong>gli</strong> investitori istituzionali esteri di registrarvisi. Gli effetti positivi non<br />

sono mancati, specialmente sul mercato azionario, malgrado ci siano stati casi di serie<br />

infrazioni, Il funzionamento del mercato azionario è abilmente regolato dal SEBI e i<br />

prezzi delle azioni riflettono in maniera appropriata la crescita dei guadagni e le aspettative<br />

future delle imprese. Ne<strong>gli</strong> ultimi anni le emissioni azionarie sono notevolmente<br />

cresciute come anche la partecipazione dei capitali esteri – $8,8 miliardi nel 2007-08<br />

con più di 1.700 investitori internazionali attualmente registrati al SEBI.<br />

Nel 1993 fu approvata la regolamentazione dei fondi d’investimento la cui mobilitazione<br />

di risorse è continuata a crescere fino a rappresentare nel 2005 l’8% del<br />

PIL, percentuale abbastanza vicina a quella giapponese e tedesca, ma di gran lunga<br />

inferiore al 71% americano e al 63% francese (Jaimini Bhagwati, 2010: 190 Tab.<br />

6.7). Alla fine de<strong>gli</strong> anni ’90, l’RBI introdusse anche i derivati OTC (“Over-the-<br />

Counter”, normalmente per imprese piccole o azioni non quotate) e poi emendò il<br />

“Securities Contract Regulation Act” del 1956 per permettere la contrattazione dei<br />

derivati e dei futures azionari, ma questo mercato resta ancora molto limitato, come<br />

è anche limitato il volume dei derivati su commodity (strumenti che permettono a<strong>gli</strong><br />

investitori di trarre profitto da certe materie prime senza averne il possesso). Temendo<br />

che questi strumenti causassero un aumento dei prezzi, la contrattazione di<br />

pulses, grano e riso fu sospesa nel 2007, sospensione che l’anno successivo fu estesa<br />

a gomma, patate e olio di soia. Benché il RBI avesse preparato nel 2003 una bozza<br />

<strong>della</strong> regolamentazione dei derivati di credito (strumento con il quale il possessore di<br />

un titolo trasferisce il rischio di credito pagando un compenso a un intermediario) e<br />

nel 2007 un’altra relativa ai credit default swaps, per il momento si è deciso di attendere<br />

prima di finalizzarle (Jaimini Bhagwati, 2010: 192-93).<br />

Come già indicato, relativamente modesti sono il mercato obbligazionario, del<br />

debito pubblico e delle imprese, il cui valore a fine 2005 non superava il 40% del<br />

PIL. La crescita delle obbligazioni governative in percentuale del PIL è dovuta<br />

all’accumularsi dei deficit di bilancio che prima erano finanziati a tassi d’interesse<br />

preferenziali, mentre dall’inizio delle riforme le emissioni di obbligazioni avvengono<br />

sempre più alle condizioni di mercato e anche con la partecipazione di investitori<br />

istituzionali esteri, che per ora non possono superare la so<strong>gli</strong>a dei $5 miliardi.<br />

Una delle ragioni per il mancato affermarsi di un mercato delle obbligazioni di<br />

lungo periodo delle imprese private è lo scarso sviluppo dei settori pensionistico e<br />

assicurativo. In effetti, le attività pensionistiche nel 2005 rappresentavano non più<br />

dell’8% del PIL, contro il 127% <strong>della</strong> Svizzera e il 110% dell’Olanda e quelle assicurative<br />

il 3% del PIL contro l’87% dell’Inghilterra e il 72% <strong>della</strong> Francia (Jaimini<br />

Bhagwati, 2010: 199 Tab. 6.16 e 200 Tab. 6.17).<br />

Eppure, l’industria assicurativa, il cui capitale ammonta a più di $66 miliardi è<br />

cresciuta al ritmo annuo del 16%, grazie allo sviluppo demografico ed economico<br />

del paese, ma anche alla liberalizzazione. Le imprese di assicurazioni sulla vita fu-

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