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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

L’India deve ancora raggiungere, spiega Chiarlone (2008: 125), “la sostenibilità<br />

fiscale, necessaria per il finanziamento delle spese prioritarie, evitare il surriscaldamento<br />

economico mantenendo sotto controllo inflazione e bilancia con l’estero, fattori<br />

cruciali per la gestione <strong>della</strong> politica monetaria, e garantire l’ammodernamento<br />

del suo mercato finanziario e delle sue infrastrutture”.<br />

Particolarmente rilevante appare poi l’evoluzione di due fattori: (i) l’aumento del<br />

tasso di risparmio interno lordo (che è passato da una media del 9,6% del PIL nel<br />

1950 al 21% <strong>della</strong> fine de<strong>gli</strong> anni ’70, ha fluttuato tra questo livello e il 24% per circa<br />

due decenni e poi ha cominciato a crescere fino a raggiungere il 35% nel 2010 17 ),<br />

di cui quello delle fami<strong>gli</strong>e (che è passato dal 13% del PIL all’inizio de<strong>gli</strong> anni ’80<br />

al 22-23% de<strong>gli</strong> ultimi anni e dovrebbe continuare a crescere grazie al dividendo<br />

demografico) ha finanziato gran parte de<strong>gli</strong> investimenti, ma non in maniera uniforme<br />

a causa del differente comportamento del deficit fiscale (nello stesso periodo,<br />

cresciuto dal 40% circa del PIL al 90%); e (ii) il disavanzo <strong>della</strong> bilancia delle partite<br />

correnti che – benché sia rimasto piuttosto modesto grazie alle notevoli rimesse, al<br />

turismo (stranamente ancora poco sviluppato) e, più recentemente, alle crescenti<br />

esportazioni di software – quando ne<strong>gli</strong> anni ’60 e ’80 si è avvicinato al 2% del PIL<br />

ha messo in crisi la bilancia dei pagamenti già in deficit a partire dall’indipendenza,<br />

a causa <strong>della</strong> crescita delle importazioni e alla fuoriuscita di capitali.<br />

L’India tende ad avere un disavanzo commerciale “a causa di fattori strutturali –<br />

dinamica demografica, qualità delle infrastrutture, variabilità del raccolto – per cui fin<br />

dall’indipendenza le esportazioni sono cresciute più lentamente delle importazioni”<br />

(Godstein, 2011: 68). Il deficit delle partite correnti è, infatti, passato dall’1,3% del<br />

PIL all’inizio de<strong>gli</strong> anni ’80 al 2% nel 1987-88 e infine al 3,4% nel 1990-91, quando<br />

ha causato la crisi che ha imposto la seconda ondata di riforme. Nel 2000 il disavanzo<br />

commerciale era pari allo 0,9% del PIL, ma nel 2008 è arrivato a 5,4%.<br />

* * *<br />

Finora la globalizzazione ha messo in risalto le differenze interne e le contraddizioni<br />

di questo paese, ma non può essere considerata la sola causa dei crescenti squilibri<br />

che stanno emergendo e che indubbiamente dipendono anche dalla scarsa capacità<br />

dimostrata dal governo di sfruttare appieno le opportunità che la globalizzazione<br />

stessa ha offerto e continua a offrire. Inoltre, il processo di apertura verso l’esterno<br />

del sistema economico e del mercato indiano è stato, e non poteva che essere, graduale,<br />

perché molto forti erano le resistenze <strong>della</strong> classe media e le proteste di vasti<br />

settori culturali e religiosi contrari all’omologazione de<strong>gli</strong> stili di vita e dei consumi<br />

che la globalizzazione comporta, decisi a difendere la propria identità. Contraria alla<br />

competizione che l’apertura comporta è stata certamente la classe più ricca, ostilità<br />

che, però, tende a ridursi con l’arrivo delle nuove generazioni. In ogni modo, nella<br />

società indiana, particolarmente nelle aree socialiste, permane una diffusa diffidenza<br />

verso la globalizzazione, perché si teme rintroduca una qualche forma di colonialismo<br />

e permetta alle multinazionali estere di controllare l’economia del paese, anche<br />

17 Il livello del tasso di risparmio dovrebbe restare alto grazie al “Fiscal Responsability<br />

and Budget Management Act” del 2003, che ha trasformato il governo da risparmiatore<br />

negativo a risparmiatore attivo, e al dividendo demografico, cioè all’aumento <strong>della</strong> percentuale<br />

<strong>della</strong> popolazione in età lavorativa su quella totale durante le prossime tre decadi.

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