L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi
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Conclusioni<br />
vere e più marginalizzate. È triste, tuttavia, dover ammettere, come fa The Economist<br />
(29.10.2005), che il libero mercato “spesso funziona me<strong>gli</strong>o nella Cina comunista<br />
che in India – grazie anche ai politici comunisti indiani democraticamente eletti”.<br />
Già dalla seconda metà de<strong>gli</strong> anni ’90 il processo delle riforme cominciò a rallentare<br />
a causa delle resistenze opposte dalle parti sociali che erano, o rischiavano di essere,<br />
penalizzate da detto processo. Nel settore rurale questi elementi erano i “produttori,<br />
principali beneficiari delle politiche di sussidio, che non erano in grado di competere<br />
sul mercato internazionale” e i coltivatori di appezzamenti di piccole dimensioni. Ma<br />
anche “tanta parte <strong>della</strong> classe media urbana” beneficiava di sussidi, mentre <strong>gli</strong> operai<br />
che operavano nel settore pubblico o privato temevano di perdere potere e status o di<br />
finire nel settore informale. Inoltre, il processo di liberalizzazione è stato realizzato dai<br />
vari stati, ma con tempi diversi da quello centrale e con comportamenti e pratiche<br />
spesso poco accettabili o del tutto illegali (Adduci, 2009: 59-60).<br />
Dall’8,9% dell’ultimo trimestre 2010 la crescita del PIL è gradualmente scesa al<br />
6,9% dell’ultimo trimestre 2011, principalmente a causa <strong>della</strong> contrazione de<strong>gli</strong> investimenti<br />
– quelli fissi lordi aumentati solo dello 0,4%, mentre quelli esteri già nel<br />
2010 inferiori a quelli ricevuti dal Belgio (TE: 06.08.2011). Continuano a crescere i<br />
consumi privati e aumentano i prezzi all’ingrosso, a causa dell’aumento dei prezzi<br />
dei manufatti e delle materie prime, ma anche i prezzi dei prodotti alimentari che a<br />
fine 2011 superano l’11%. Di conseguenza, la RBI ha cominciato ad alzare il tasso<br />
d’interesse di riferimento portandolo gradualmente all’8,5% (BCE, dicembre 2011:<br />
19-20). Tuttavia, il 12° Piano quinquennale (2012-17) ha assunto per tutto il periodo,<br />
un tasso medio di crescita del PIL del 9%, lo stesso del periodo 2004-08, che però<br />
era stato già ridotto dall’arrivo <strong>della</strong> crisi finanziaria, un tasso che The Economist<br />
e <strong>altri</strong> ritengono che non sarà probabilmente raggiunto.<br />
Ne<strong>gli</strong> ultimissimi anni stanno chiaramente aumentando <strong>gli</strong> ostacoli a una rapida<br />
crescita del paese, a cominciare dal ritorno, dopo due decadi, del problema del<br />
“doppio deficit”. Uno di questi disavanzi, vale a dire quello del conto delle partite<br />
correnti nella bilancia dei pagamenti, era restato allo 0,3% del PIL per gran parte<br />
<strong>della</strong> decade precedente, nel 2008-09 è saltato a 2,4% e ha seguitato a crescere fino a<br />
toccare il 3,7% nel periodo aprile-settembre del 2010, per tornare al 2.3% nel terzo<br />
trimestre 2011. Un tale disavanzo è sostenibile per qualche anno, ma certamente non<br />
troppo a lungo, particolarmente per un’economia relativamente chiusa come quella<br />
indiana e con un afflusso di capitali esteri che continua a essere dominato da componenti<br />
abbastanza volatili. L’altro disavanzo, quello fiscale, si era mantenuto alto<br />
dalla metà de<strong>gli</strong> anni ’80, ma, finalmente, si era più che dimezzato nel periodo 2003-<br />
08 – periodo caratterizzato da bassi tassi d’interesse, notevole aumento di risparmi e<br />
investimenti, bassa inflazione e alta crescita – fino a toccare il 4% del PIL nel 2007-<br />
08, l’8,5% nel 2008-09, il 10% l’anno seguente e il 5,3% nel 2011. A questa tendenza<br />
ha certamente contribuito la politica di aumento dei diritti acquisiti e dei sussidi<br />
che manterrà alti i tassi d’interesse. Il loro impatto negativo su<strong>gli</strong> investimenti e sulla<br />
crescita sarà amplificato dall’accelerazione dell’inflazione (Acharya, 2011).<br />
Inoltre, sempre Shankar Acharya (come riportato da The Hindu del 20.09.2005)<br />
temeva che uno dei potenziali ostacoli a un rapido processo di crescita<br />
dell’economia indiana potesse essere, oltre la drammatica mancanza d’infrastrutture,<br />
proprio quella di manodopera specializzata. Inquietanti sono le stime secondo le<br />
quali fino al 2051 quasi il 60% dell’aumento <strong>della</strong> popolazione indiana originerà in<br />
quattro popolosi e poveri stati settentrionali dove il tasso di crescita è basso e le infrastrutture,<br />
i sistemi educativi e la governance sono estremamente deboli.<br />
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