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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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Introduzione<br />

(vi) l’adorazione al tempio delle divinità con offerte votive, riti e canti;<br />

(vii) i riti domestici di devozione e recitazione di giaculatorie (mantra);<br />

(viii) i riti di purificazione e consacrazione (samskara) per nascite, matrimoni e<br />

morte;<br />

(ix) la preferenza per l’alimentazione vegetariana e il rifiuto de<strong>gli</strong> alcolici;<br />

(x) la divisione <strong>della</strong> società ideale in quattro varna (che vuol anche dire colore)<br />

(vedi Approfondimento 1 a p. 41) e <strong>della</strong> vita individuale in quattro fasi (asram),<br />

ovvero<br />

(a) brahmacharya, celibato, studio e apprendistato;<br />

(b) grihast, vita coniugale e le gioie del piacere fisico;<br />

(c) vanprastha, ritiro dalla vita attiva;<br />

(d) samnyâsa, ascesa individuale e beatitudine <strong>della</strong> moksha.<br />

Questo processo lineare e progressivo, che non va invertito, dimostra che<br />

“l’induismo è una pratica” e la vita che prescrive è “una vita bilanciata”. L’induismo<br />

è quindi l’unica religione che considera “l’appagamento dei desideri fisici e il perseguimento<br />

<strong>della</strong> prosperità tra <strong>gli</strong> scopi supremi dell’esistenza”. Utilizzando “una logica<br />

prettamente utilitaristica e libera dalle pretese dell’idealismo”, l’induismo è anche<br />

l’unica religione che “conferisce al materialismo una validità filosofica, non per<br />

deduzione, ma per specifica inclusione” (Varma, 2008: 103-05). Inoltre, secondo Rothermund<br />

(2008: 164 e 244), il pantheon delle divinità indù si sviluppa parallelamente<br />

al federalismo sociale di caste e comunità, ma dimostrerebbe anche una certa tolleranza<br />

inclusiva rispetto al chiuso, intollerante Islam. A parte che tolleranza implica accettazione<br />

<strong>della</strong> differenza, mentre il pantheon delle divinità indù è essenzialmente assorbimento,<br />

appropriazione, è difficile considerare tollerante un induismo che è tutt’uno<br />

con il sistema castale. Se è vero che la tradizione indiana è caratterizzata anche<br />

dall’“accettazione” (swikriti in sanscrito) – il riconoscimento ai vari gruppi etnici o<br />

religiosi del “diritto di vivere la propria vita” – questo non implica affatto, ammette A.<br />

Sen (2005: 46), l’interesse all’ugua<strong>gli</strong>anza tra le classi, le caste o i sessi.<br />

Se su ogni individuo incombe il dovere, il dharma, di assoggettarsi alle leggi che<br />

governano l’universo e di adeguarvi la propria vita, è facile arrivare a un ordine sociale<br />

gerarchizzato come quello delle caste (vedi Approfondimento 1 a p. 41), caste<br />

che sono sopravvissute persino tra i convertiti all’islam e nel musulmano Pakistan,<br />

dove hanno assunto il nome di “bradri” oppure “biradri”, gruppi definiti non tanto<br />

dalle regole <strong>della</strong> contaminazione, ma da quelle del matrimonio. Oltre la loro fondamentale<br />

divisione tra sunniti e sciiti, anche i musulmani del subcontinente tendono<br />

a classificarsi castalmente 10 .<br />

Nell’induismo ogni divinità significa quasi sempre una cosa e il suo esatto contrario. Siva,<br />

per esempio, la più potente delle divinità indù, è al tempo stesso incarnazione sia<br />

dell’aspetto malefico sia di quello benigno <strong>della</strong> distruzione, dalla quale rinasce la vita;<br />

divinità <strong>della</strong> morte, ma anche <strong>della</strong> morte <strong>della</strong> morte, ossia <strong>della</strong> vita eterna.<br />

10 La società islamica in India (Islam-i-Hind) era e resta chiaramente sudasiatica, avendo<br />

anche creato una sua distinta lingua, l’urdu. Ma se l’Islam può prescrivere l’egua<strong>gli</strong>anza<br />

umana, non prescrive, però, che ci si sposi a caso, per cui le caste possono e sono sopravvissute<br />

sulla base dell’endogamia. La principale differenza tra l’islam e l’induismo è che<br />

mentre per la prima <strong>gli</strong> esatti punti di riferimento di una teologia dogmatica e rivelata<br />

possono essere fissati con i musulmani di differenti aree geografiche, per il secondo questi<br />

riferimenti comuni non solo erano e sono ancora difficili da stabilire, ma continuano anche<br />

a essere confusi dall’esistenza e ruolo delle caste (Chapman, 2003: 290). Anche i cri-<br />

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