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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

a trasformarsi in proprietari, un’operazione che assunse il nome di “democratizzazione<br />

del capitale” e che, dopo aver ottenuto il riconoscimento <strong>della</strong> Conferenza di Bhopal<br />

nel 2002, sta rapidamente conquistando un vasto consenso tra i dalit. La sinistra<br />

deve ora fare i conti con la crescente adesione che riscuote il messaggio di Chandra<br />

Bhan Prasad, considerato il più importante pensatore dalit e commentatore politico,<br />

secondo il quale “oggi anche noi dalit desideriamo scongelarci nel mondo emancipato<br />

del capitalismo”. Resta una certa opposizione alla globalizzazione culturale, ma si<br />

comincia ad accettare l’idea che quella economica potrebbe contribuire alla nascita<br />

di una borghesia dalit.<br />

2. Il movimento femminista indiano<br />

In India, il movimento per i diritti delle donne iniziò ne<strong>gli</strong> anni ’20 e avanzò dal livello<br />

locale a quello nazionale, influenzato dal diffuso nazionalismo e dalla lotta per<br />

la libertà. I suoi più rilevanti successi furono le garanzie costituzionali di pari diritti per<br />

le donne, il suffragio universale e la riforma del diritto privato nell’India indipendente,<br />

garanzie che tuttavia in termini sociali e pratici non cambiarono molto la vita delle<br />

donne indiane.<br />

Nonostante che generalmente modernità e induismo siano considerati “poli opposti”,<br />

Smith (2006: 3-5 e 145-46) pensa che su alcuni aspetti del problema delle<br />

donne induismo e modernità sembrano avvicinarsi 66 . Importante è, infatti, “il potere<br />

attribuito dall’induismo alle donne”, specialmente alle dee. La straordinaria importanza<br />

delle divinità femminili nell’induismo “non ha equivalenti nelle altre religioni ufficiali”,<br />

tanto che un consistente filone del femminismo, le considera fonte d’ispirazione<br />

cui le donne possono attingere per formulare modelli di ruolo.<br />

A ogni modo, in India i vari movimenti delle donne – articolati, con buona visibilità<br />

ed efficacia e ricchi di dibattiti interni e tra loro – sono frattanto diventati una forza<br />

significativa sulla scena politica, dove, purtroppo “le identità di classe, religione o casta<br />

(o altre ancora) tendenzialmente prevalgono su quella di genere”. Inoltre, il movimento<br />

femminista “è stato attaccato dalle donne dalit come espressione delle caste<br />

superiori” e “implicitamente indù, anche se fa finta di essere laico”(Menon e Nigam,<br />

2009: 21-22).<br />

Una volta raggiunta l’indipendenza, si moltiplicarono i gruppi femminili nati spontaneamente<br />

per sfidare il patriarcato che, profondamente radicato nel paese, influenza<br />

la struttura delle istituzioni politiche e sociali e quindi determina le opportunità che<br />

si offrono alle donne e a<strong>gli</strong> uomini. Due controverse questioni agitarono il movimento<br />

femminile e la società indiana: il codice civile uniforme e la proposta di riservare alle<br />

donne un certo numero di seggi nei corpi legislativi ed entrambe rivelarono profonde<br />

differenze all’interno del movimento, differenze che riflettevano divisioni di casta,<br />

classe e comunità. Il progetto di legge di riforma costituzionale “Women’s Reservation<br />

Bill” presentato nel 1996, che proponeva di riservare alle donne il 33% dei seggi<br />

parlamentari, incontrò una fiera resistenza da parte dei partiti che rappresentavano le<br />

caste arretrate e i dalit che chiedevano che all’interno di questa quota siano fossero<br />

specificati i posti da riservare a loro e alle minoranze, cioè “quote entro le quote”.<br />

A metà de<strong>gli</strong> anni ’50, molte donne cominciarono a partecipare alle lotte dei contadini<br />

poveri e a quelle <strong>della</strong> classe lavoratrice industriale, come il movimento Tebhaga<br />

nel Bengala, Telangana nell’Andhra Pradesh e naxalita. Per protestare contro<br />

l’uso dell’alcool, perché spingeva <strong>gli</strong> uomini a picchiare le mo<strong>gli</strong>, le donne ricorrevano<br />

66 Smith (2006: 163) aggiunge, però, che per le femministe indiane e occidentali,<br />

l’induismo resta “un tipico esempio di patriarcato fallico”.

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