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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

consultare i paesi rivieraschi inferiori prima di iniziare a costruire una diga che potrebbe<br />

ridurre il flusso a valle di adeguate quantità di acqua. A differenza di <strong>altri</strong><br />

fiumi che entrano in India, il Brahmaputra è un’importante arteria per il trasporto di<br />

merci e di persone sia in India che in Bangladesh, attività che sarebbe messa in pericolo<br />

dalla riduzione del flusso di acqua (Kapila, 2011) 8 . La disputa sull’acqua ne<br />

tocca, inoltre, un’altra area molto sensibile, quella dello status <strong>della</strong> regione interessata,<br />

l’Arunachal Pradesh che Beijing continua a considerare cinese.<br />

Mi<strong>gli</strong>ori rapporti con il Bangladesh faciliterebbero la costruzione di dighe su alcuni<br />

dei tanti fiumi che attraversano le reciproche frontiere, così come una maggiore<br />

cooperazione con la Cina potrebbe permettere di generare una gran quantità di elettricità<br />

dallo sfruttamento congiunto del Tsangpo/Brahmaputra. Non necessariamente<br />

l’acqua deve diventare fonte di conflitto, ma chiaramente le possibilità di raggiungere<br />

un’utile cooperazione sono minori nel caso indo-pakistano.<br />

* * *<br />

Un’altra area di possibile cooperazione è il comune interesse per i rifornimenti<br />

energetici. Da tempo esiste la proposta relativa alla costruzione del gasdotto IPI di<br />

circa 2.800 km che dall’Iran dovrebbe attraversare il Pakistan e arrivare in India,<br />

ma, in questo caso, c’è anche l’opposizione americana a impedirne la realizzazione 9<br />

ed è forse proprio per le pressioni di Washington che New Delhi si è ritirata dal progetto.<br />

Frattanto, la parte iraniana del gasdotto è praticamente terminata con il contributo<br />

<strong>della</strong> Gazprom, Infatti, Mosca sostiene il progetto perché considera che il dirottamento<br />

del gas iraniano verso il Pakistan e l’India le permetterebbe di continuare a<br />

dominare indisturbata il lucrativo mercato europeo.<br />

Washington spinge invece per il TAPI (acronimo dalle iniziali dei paesi coinvolti:<br />

Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India), un gasdotto lungo 1.680 km per<br />

portare il gas dal bacino Yolotan-Osman al sud del Turkmenistan, via Herat, Helmand<br />

e Kandahar in Afghanistan, a Quetta e Multan in Pakistan, e finalmente a Fazilka<br />

in India. Dopo lunghe e alterne vicissitudini, il 14 novembre 2011, il Pakistan<br />

ha firmato il “Gas Sales Purchase Agreement” con il Turkmenistan, una pietra miliare<br />

nel processo di avanzamento del TAPI. Ma è con la firma di “Heads of Agreement”<br />

e de<strong>gli</strong> accordi di trasporto e transito, dell’11 dicembre 2011, che comincia<br />

veramente la costruzione del dotto, al costo di quasi $8 miliardi, per trasportare<br />

giornalmente 90 milioni di metri cubi di gas dal Turkmenistan all’Asia meridionale,<br />

ovvero 38 milioni (circa 42%) ciascuno al Pakistan e all’India e 14 milioni (circa<br />

8 Alla fine di ottobre 2011 il governo cinese ha dichiarato che non intende affatto deviare<br />

le acque del fiume per generare elettricità.<br />

9 L’IPI fu concepito nel 1989, ma a causa dei costi e <strong>della</strong> sicurezza, specialmente nella<br />

provincia pakistana del Belucistan che il gasdotto avrebbe dovuto attraversare, il progetto<br />

restò sulla carta. Con un costo di costruzione stimato pari a $7,5 miliardi, l’IPI doveva<br />

muovere dai campi di South Pars a Khuzdar, in Pakistan, e qui dividersi: un ramo verso<br />

Karachi e un secondo ramo verso Multan e quindi in India. Il gasdotto sarebbe stato lungo<br />

2.800 km e potenzialmente avrebbe trasportato 150 milioni di metri cubici al giorno e avrebbe<br />

potuto collegarsi con i futuri gasdotti birmani e con il progettato corridoio strategico<br />

pakistano per portare energia e merci dal Mare Arabico alla Cina occidentale e<br />

all’Asia centrale. Decisamente convinto che le obiezioni americane all’IPI dovrebbero essere<br />

rimosse è A. Tellis (2005).

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