14.06.2013 Views

L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

14<br />

L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

rituale in quanto non trova legittimazione in se stesso” (T. Madan, in A. Nandy et al.,<br />

Religione e politica in India, Torino, Fondazione Agnelli, 1998, cit. da Rondinone, 2008:<br />

32) – la religione continua a esercitare un forte controllo sull’organizzazione sociale e a<br />

influenzare <strong>gli</strong> schieramenti politici, l’assetto economico e l’organizzazione spaziale.<br />

Non c’è quindi da meravi<strong>gli</strong>arsi se l’identità indiana appare “in perenne crisi”,<br />

perché la complessità e le contraddizioni di questo paese ne fanno “uno dei casi di<br />

personalità multipla più clamorosi <strong>della</strong> storia”. A causa di questa sua complessità,<br />

Marino (2008: 24 e 32) conclude che questa “è una nazione di un miliardo e duecento<br />

milioni di persone che sulla carta in comune non hanno quasi nulla” e Nilekani<br />

(2009: 6) aggiunge che l’India “è un’idea tanto quanto è una nazione”. Nonostante,<br />

quindi, le radici ritualistiche ed economiche delle caste siano state recise, l’identità<br />

politica in gran parte deriva ancora dall’appartenenza castale, nell’ambito del sistema<br />

religioso induista.<br />

* * *<br />

La religione e le pratiche a essa associate hanno poi contribuito a creare<br />

un’immagine dell’India come paese di grande spiritualità, ascetismo e rinuncia,<br />

un’immagine che secondo Varma (2008: 98-99) “<strong>gli</strong> indiani hanno deliberatamente<br />

promosso… Peccato che questa immagine non sia nient’altro che un mito. Da sempre,<br />

una netta propensione per il benessere materiale è una delle loro più evidenti<br />

caratteristiche”. Essi non solo “hanno sempre umanizzato le loro divinità, in maniera<br />

persino spettacolare”, ma “non vi sono ragioni ideologiche, né immutabili premesse<br />

filosofiche, a far sì che <strong>gli</strong> indù rifiutino il mondo materiale anteponendo<strong>gli</strong> quello<br />

spirituale”. E anche Luce (2010: 9) concorda che oggi l’India “è un posto sempre<br />

più sicuro di sé, materialistico e globalizzato”.<br />

In realtà, è proprio la filosofia induista a porre la ricerca del benessere materiale come<br />

il primo dei quattro purushartha, cioè de<strong>gli</strong> scopi principali <strong>della</strong> vita, tutti legittimi:<br />

(i) kama, raggiungimento del benessere e <strong>della</strong> felicità in termini psico-fisici;<br />

(ii) artha (l’utile), acquisizione <strong>della</strong> ricchezza;<br />

(iii) dharma (il giusto), obbedienza ai comandamenti del Shastra, sacre scritture<br />

indù, per ascendere al paradiso o alla reincarnazione in un essere superiore;<br />

(iv) moksha, liberazione da ciclo delle nascite e delle rinascite, liberazione che<br />

richiede la “rinuncia”, ovvero l’uscita dal sistema castale e la morte sociale<br />

(Smith, 2006: 54).<br />

Questa concezione religiosa risulta eminentemente pratica: ciascuno deve mantenere<br />

la propria posizione e svolgere il proprio ruolo, per cui la divisione in caste e<br />

la stessa metempsicosi – trasmigrazione delle anime e del karma – rispondono a<br />

quest’esigenza.<br />

Anche Moravia (2000: 90-91) osservava che la religione indiana risulta essenzialmente<br />

pratica e “la più ottimista” e Varma (2008: 123, 125, 132, 136, 139 e 154)<br />

insiste sul diffuso “deficit etico” al quale <strong>gli</strong> indiani si “adattano senza troppa difficoltà”.<br />

Considerato che “la loro priorità è la sopravvivenza, non la salvezza”, <strong>gli</strong> indiani<br />

risultano “molto più bravi a perseguire vantaggi materiali che a valutare deficit<br />

di ordine etico”. Per questo, il “socialismo, che cercava di tenere a freno l’iniziativa<br />

privata allo scopo apparente di favorire un allargamento del benessere pubblico,<br />

chiaramente non era in sincronia con la psiche indiana”. Rimuovendo lo stigma associato<br />

al perseguimento <strong>della</strong> ricchezza, il 1991 “segnò la fine dell’ipocrisia riguardante<br />

l’aspirazione ad arricchirsi… e spinse l’India in direzione dell’unico paradigma

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!