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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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La “grande Potenza povera”<br />

cordo di libero scambio (ALS) con Cina e ASEAN. Inoltre, già nel 2004 il valore<br />

dell’interscambio indiano con il resto dell’Asia superava quello con <strong>gli</strong> USA e l’UE<br />

sommati insieme. Non c’è da meravi<strong>gli</strong>arsi, quindi, se la nuova politica estera indiana<br />

si presenti come un “lavoro in corso”. Da leader del sindacato dei PVS e Robin<br />

Hood del Terzo mondo, l’India si presenta ora come una “bridging power”<br />

ni.<br />

69 (Khilimani,<br />

2005), cioè una potenza che, collocandosi tra paesi sviluppati e PVS, può<br />

creare un utile collegamento tra questi due gruppi, ma anche tra Cina e USA. In effetti,<br />

ha votato con <strong>gli</strong> USA nel 1992 per condannare il sostegno libico al terrorismo<br />

e ha moderato le proprie stridenti obiezioni nell’ambito del negoziato commerciale<br />

di Doha e di quello sul cambiamento climatico, dove ha accettato la so<strong>gli</strong>a di due<br />

gradi centigradi di riscaldamento al di sopra dei livelli pre-industriali e ha offerto di<br />

ridurre entro il 2020 fino al 25% le emissio<br />

Naturalmente, il fatto che <strong>gli</strong> indiani stianno emergendo dal loro non allineamento<br />

e stiano diventando una potenza globale, comporta anche che devono fare delle<br />

scelte e assumersi delle responsabilità, a volte limitando la ricerca dell’interesse nazionale<br />

per contribuire a quelli collettivi del sistema regionale o internazionale, cioè<br />

a quelli de<strong>gli</strong> “<strong>altri</strong>”. Inoltre, se finora l’India ha potuto convertire il suo antico “non<br />

allineamento” in una politica estera indipendente, in futuro si troverà ad affrontare<br />

scelte politicamente dolorose a causa delle crescenti rivalità tra le grandi potenze. Il<br />

criterio determinante per operare queste scelte dovrebbe essere unicamente il perseguimento<br />

del supremo interesse nazionale del paese, ovvero la rapida riduzione, ed<br />

eventuale eliminazione, <strong>della</strong> sua intollerabile povertà.<br />

* * *<br />

L’ambasciatore Armellini (2008: 182-83) giustamente nota alcune contraddizioni<br />

nella politica estera indiana, a cominciare da fatto che “l’India non ha mai esitato a<br />

por mano alla leva militare come strumento di proiezione di potenza: con la Cina e il<br />

Pakistan ha condotto guerre guerreggiate; ha compiuto interventi militari in Sri Lanka<br />

(1987) e nelle Maldive (1988); ha imposto un protettorato di fatto su Nepal e Bhutan;<br />

ha annesso il Sikkim; conduce da oltre un ventennio operazioni di contro-guerri<strong>gli</strong>a<br />

ne<strong>gli</strong> stati del Nord-Est”. Altre gravi contraddizioni sono state anche la scelta nucleare<br />

dopo tutte le dichiarazioni, campagne e proteste per il disarmo universale, scelta che<br />

alla fine l’ha riavvicinata a Washington e ha accresciuto il suo peso nello scenario geopolitico<br />

asiatico; i rapporti con l’Unione Sovietica, nonostante il non allineamento; il<br />

protezionismo economico; e, infine, la politica nel Kashmir.<br />

Per ragioni di sicurezza, il Kashmir è per l’India irrinunciabile, perché da sempre<br />

rappresenta il “suo punto di riferimento per un asse egemonico verso occidente” e la<br />

“porta d’accesso a tutta l’Asia centrale, le cui risorse sono indispensabili per garantire<br />

a Nuova Delhi un approvvigionamento energetico costante”. Però la politica in<br />

69 Sunil Khilnani (2005: 11-12) sostiene che l’India, per avere un impatto globale e promuovere<br />

i propri interessi, deve inventarsi un nuovo ruolo, riconfigurare le proprie capacità<br />

“hard” e “soft” e diventare la potenza che assicura quella connettività di cui un mondo<br />

fragmentato ha bisogno. Questo “bridging role” nell’ordine globale dovrebbe assicurarle<br />

indipendenza e indispensabilità. Per perseguire i propri interessi l’India dovrebbe prepararsi,<br />

quindi, a usare, a seconda delle circostanze, le proprie risorse economiche, la “diplomazia<br />

coercitiva”, la legittimità morale e il dialogo.<br />

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