L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi
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La “grande Potenza povera”<br />
zione del capitale lordo interno è cresciuta a un tasso simile a quello del risparmio<br />
lordo interno, si deve a quest’ultimo il finanziamento <strong>della</strong> crescita economica indiana.<br />
Tutto ciò spiega come la storia <strong>della</strong> crescita indiana e i profondi cambiamenti<br />
strutturali realizzati siano caratterizzati da notevole stabilità macroeconomica e finanziaria,<br />
anche se nuove sfide sono frattanto emerse, come il forte aumento del<br />
prezzo del petrolio dalla fine del 2007, col conseguente riaccendersi dell’inflazione e<br />
l’aggravarsi <strong>della</strong> bilancia esterna, cui ha fatto seguito l’impatto <strong>della</strong> crisi finanziaria<br />
globale, che ha fatto lievitare il deficit fiscale (Acharya, 2010). Oltre che<br />
l’aumento dei prezzi internazionali, alla crescita del deficit fiscale hanno contribuito<br />
l’aumento dei sussidi e quello dei salari dei dipendenti pubblici, l’ampia remissione<br />
dei debiti agricoli e lo stimolo fiscale per far fronte alla recessione globale.<br />
* * *<br />
Anche in India, il cambio di rotta economico è stato strettamente legato alla fine<br />
del bipolarismo e ai conseguenti mutamenti de<strong>gli</strong> <strong>equilibri</strong> internazionali che influenzarono<br />
quelli interni, ponendo termine al predominio assoluto dell’INC e spingendo<br />
a una maggiore apertura dell’economia sia a<strong>gli</strong> scambi internazionali che a<strong>gli</strong><br />
investimenti esteri. La fine <strong>della</strong> guerra fredda liberò l’India da “un fardello di alleanze<br />
che le avevano garantito più l’affermazione politica che la crescita economica”,<br />
ma il paese si trovò completamente impreparato per una rapida crescita, a causa non<br />
solo dell’assenza o inadeguatezza delle necessarie infrastrutture (Orlandi, 2009:<br />
177), ma anche per le complicazioni e lentezze nella ricerca del consenso dovute alla<br />
natura democratica del processo riformista indiano e alla pesante inerzia <strong>della</strong> burocrazia.<br />
Tutto ciò spiega il gradualismo e i modesti risultati delle riforme, tanto che si<br />
arrivò a parlare di un Hindu rate of reform. Questa definizione chiaramente non considerava<br />
l’impatto positivo che le riforme de<strong>gli</strong> anni ’80 avevano avuto sulle potenzialità<br />
indiane, ma rifletteva una caratteristica del progresso economico del paese<br />
che ancor oggi continua a incontrare una notevole opposizione. Infatti, in tutto lo<br />
spettro politico indiano si trovano coloro che guardano ancora con profondo scetticismo<br />
alle riforme che hanno permesso la straordinaria crescita dell’economia indiana.<br />
La spinta all’apertura venne inoltre sostenuta dall’introduzione <strong>della</strong> normativa<br />
resa obbligatoria dall’entrata in vigore dell’Organismo Mondiale del Commercio<br />
(OMC/WTO) nel 1995. L’economia rispose rapidamente – il tasso di crescita medio<br />
dal 5,8% del periodo 1988-94, balzò a 7,1% tra il 1993 e il 1997 –, ma l’instabilità<br />
delle coalizioni governative frenò il processo di riforme e con esso il tasso di crescita.<br />
La riduzione tariffaria fu, e resta, confinata ai prodotti industriali non agricoli<br />
(passata da una media del 113% nel 1990 al 12% attuale), mentre una sostanziale<br />
liberalizzazione riguardò il commercio dei servizi. Si consolidava così un regime più<br />
aperto verso l’esterno, anche se la completa abolizione delle licenze d’importazione<br />
dovette attendere il 2001 quando l’organo giudiziario dell’OMC condannò l’India<br />
per inadempienza. La liberalizzazione raggiunse anche i beni di consumo e le tariffe<br />
per le merci non agricole passarono da una media del 110% nel 1991 a meno del<br />
10% nel 2009. Il paese risentì poco <strong>della</strong> crisi asiatica del 1997, anche perché ancora<br />
scarsa era la sua integrazione commerciale e finanziaria con l’Asia orientale.<br />
L’aumento annuo dei consumi privati, che rappresentavano il 54,1% del PIL nel<br />
2008 ed erano il 64,2% nel 2000, annuncia l’arrivo <strong>della</strong> classe media indiana – che<br />
dal punto di vista castale coincide in larga misura con le caste alte, in particolare<br />
quelle brahmaniche – nell’era dei consumi di massa. Al momento, il mercato india-<br />
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