L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi
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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />
zionali, controlli specialmente invisi a<strong>gli</strong> scienziati atomici indiani che sono contrari<br />
a che questi vengano esercitati sul primo reattore sperimentale al torio, minerale abbondantemente<br />
presente in India, tecnologia con la quale il paese potrebbe, in prospettiva,<br />
rendersi completamente autosufficiente. Da parte sua Wahington, non sopportando<br />
i buoni rapporti che l’India intratteneva con l’Iran e con la Siria e, ancor più, con la<br />
Cina, cominciò subito a fare pressioni su New Delhi affinché li modificasse.Benché<br />
all’inizio del 2006 l’India avesse firmato con la Cina accordi per la regolamentazione<br />
<strong>della</strong> cooperazione nel settore energetico e il Primo ministro indiano, poco prima<br />
dell’arrivo di Bush a febbraio del 2006 per firmare l’accordo, avesse pubblicamente<br />
rifiutato ogni condizionamento, il riallineamento di New Delhi con Washington appariva<br />
sempre più evidente, così come appariva evidente che l’India intendesse continuare<br />
con una politica estera che privilegiando <strong>gli</strong> USA non escludesse però buoni rapporti<br />
con <strong>altri</strong> soggetti a questi ostili (Torri, 2007a: 166-67 e 170-71).<br />
In India, la critica di destra e di sinistra si trovò d’accordo su due punti fondamentali<br />
dell’intesa: (i) limitava la sovranità nazionale attribuendo al presidente americano<br />
di certificare che “l’India partecipa pienamente e attivamente a<strong>gli</strong> sforzi de<strong>gli</strong><br />
Stati Uniti e <strong>della</strong> comunità internazionale per dissuadere, sanzionare e frenare l’Iran<br />
per ciò che concerne il suo programma nucleare, in conformità con le risoluzioni<br />
delle Nazioni Unite”; e (ii) imponeva un limite all’acquisizione di tecnologia, materiali<br />
e attrezzature per sviluppare un programma nucleare civile. Nessuno era poi<br />
disposto ad accettare che l’India si sarebbe potuta trovare in posizione subordinata<br />
rispetto all’unica superpotenza mondiale rimasta. L’accordo era ancor più inviso ai<br />
pacifisti che da sempre si battono per il disarmo e la non proliferazione nucleare<br />
mondiale, perché indubbiamente tende ad accelerare la corsa a<strong>gli</strong> armamenti tra India<br />
e Pakistan, una corsa che potrebbe coinvolgere anche la Cina (Menon e Nigam,<br />
2009: 192-93). Secondo Jain (2008: 96) anche la comunità scientifica indiana vedeva<br />
nell’accordo implicazioni negative per la sicurezza nazionale quali: (i) perdita<br />
dell’indipendenza tecnologica accettando di portare nel settore civile la tecnologia<br />
fast breeder; (ii) minore autosufficienza e autonomia nucleare, perché la disponibilità<br />
del combustibile nucleare americano indebolisce la flessibilità contrattuale indiana;<br />
e (iii) rischio di dissuadere la ricerca di fonti alternative, quali biocombustibili,<br />
energia idroelettrica e solare, e torio.<br />
In realtà, con questo accordo i due paesi intendono perseguire obiettivi differenti.<br />
Mentre Washington spera di essersi assicurata la convergenza <strong>della</strong> politica estera<br />
indiana con quella americana, cioè che l’India del multipolarismo si muti in “construcive<br />
actor and stakeholder” in un ordine unipolare a guida americana 7 , New<br />
Delhi vuole rafforzare la capacità di portare avanti il programma per l’armamento<br />
nucleare in modo da conservare l’autonomia strategica. L’accordo la costringe, però,<br />
in un quadro di riferimento di non proliferazione che ne limita fortemente<br />
l’autonomia. Infatti, oltre a dover rispettare il TNP, di cui non è membro, l’India è<br />
oggetto delle restrizioni stabilite da regimi come il NSG, anzi “ha assunto obblighi<br />
che in effetti vanno oltre quelli stabiliti dal TNP” 8 , ma non i diritti e le obbligazioni<br />
dei paesi firmatari del TNP (Sikri, 2009: 182-186). In effetti, l’India ottiene accesso<br />
al combustibile nucleare in cambio <strong>della</strong> promessa di sottoporre gran parte dei propri<br />
impianti del nucleare civile al controllo dell’IAEA – il 35% <strong>della</strong> sua produzione<br />
7 Vedi R. Nicholas Burns, Foreign Affairs, dicembre 2007.<br />
8 A. Tellis, testimonianza al Senate Foreign Committee, aprile 2006.