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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

Nella discussione circa le matrici culturali <strong>della</strong> democrazia indiana e dei suoi<br />

valori costituzionali, esiste un ampio consenso sul fatto che le idee <strong>della</strong> modernità<br />

sono “integralmente una largizione del governo coloniale”, che però alcuni considerano<br />

“un’operazione civilizzatrice”, mentre <strong>altri</strong> “un’imposizione arrogante delle<br />

potenze dell’Ovest… di un modello di sviluppo alieno e corruttivo” (Bartoli, 2008:<br />

151). Nederveen e Perekh (1995: 13-16) non ritengono del tutto corretto sostenere<br />

che il governo coloniale abbia introdotto valori moderni, perché “i governi coloniali<br />

erano preoccupati primariamente di creare e mantenere le condizioni basilari del loro<br />

dominio… E poiché giustificavano il loro governo in termini di civilizzazione,<br />

avevano la necessità di introdurre alcuni valori e istituzioni europei” che, però, per il<br />

mantenimento dell’ordine coloniale erano “sovversivi” e quindi venivano “introdotti<br />

parzialmente e a malincuore” e “non sarebbero potuti essere compresi fino in fondo<br />

se non si fossero innestati in analoghe tradizioni del paese ospitante”. Dal che <strong>gli</strong><br />

autori concludono che “il governo coloniale non rappresentò una rottura drastica<br />

nella storia delle società coloniali, come spesso si afferma”. Una conclusione cui arriva<br />

anche Bartoli (2008: 155) per la quale la democrazia indiana non è “un trapianto<br />

di un corpo estraneo, ma una creazione collettiva – con limiti e pregi – che, come<br />

ogni creazione, ha usufruito di materia prima locale e straniera, rielaborando il tutto<br />

secondo peculiari esigenze e necessità”.<br />

Ammesso che il maggior contributo esterno sia stato il pensiero politico liberale<br />

dell’Ottocento inglese, è difficile “stabilire se e quanto il Raj sia potuto essere oblatore<br />

di democrazia ed emancipazione poiché i valori che l’Inghilterra ha esportato<br />

come potenza coloniale non erano tra i più illuminati del proprio repertorio”. In effetti,<br />

il colonialismo è stato “una forma estremamente dura di iniquità distributiva” e<br />

l’Inghilterra ha usato “certi valori detti dell’Occidente… più per giustificare<br />

l’impero che per giovare ai popoli colonizzati” e, infine, alleandosi con le oligarchie<br />

tradizionali, rinsaldò “il sistema delle caste” (Bartoli, 2008: 247), per cui queste ebbero<br />

un ruolo non indifferente nell’assicurare la stabilità territoriale del Raj 28 .<br />

Anzi molte delle divisioni interne che continuano a caratterizzare l’India sono il<br />

risultato <strong>della</strong> compartimentalizzazione <strong>della</strong> popolazione in funzione de<strong>gli</strong> interessi<br />

del Raj provocata proprio dalle classificazioni ed enumerazioni introdotte dai censimenti<br />

dei colonizzatori. Infatti, “fu colpa de<strong>gli</strong> inglesi se <strong>gli</strong> indiani si definirono<br />

‘indù’ o ‘musulmani’; senza il pachiderma coloniale queste categorie non avrebbero<br />

avuto il peso che hanno oggi” (Smith, 2006: 39). Tuttavia, malgrado le divisioni castali<br />

siano state un cruciale ingrediente <strong>della</strong> politica coloniale britannica che su di<br />

esse ha eretto il Raj, si deve proprio al Raj se l’intoccabile diventò un cittadino come<br />

<strong>gli</strong> <strong>altri</strong> e ottenne l’elettorato separato, poi sostituito dal sistema <strong>della</strong> riserva dei posti<br />

in politica e nei servizi governativi a causa dell’opposizione di Gandhi. E nono-<br />

28 All’inizio de<strong>gli</strong> anni ’90 è stata avanzata l’idea (Gadgil e Guha, 1992, in Chapman,<br />

2003: 37) di una mitica società castale ecologicamente benigna in quanto avendo ogni casta<br />

accesso a differenti risorse nell’ecosistema locale, la competizione per una particolare<br />

risorsa era evitata e così anche il rischio di un suo eccesivo sfruttamento, società corrotta<br />

da<strong>gli</strong> inglesi fino a renderla insostenibile. Mentre non c’è alcuna prova dell’esistenza di<br />

un tale dorato passato ecologico, è invece stabilito che il sistema castale è strettamente associato<br />

a un tipo di economia agraria e artigianale che per secoli è continuamente passata<br />

da terreni ormai esauriti a nuovi terreni per contrastare rendimenti decrescenti.

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