L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi
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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />
L’esercito è l’unica istituzione ad avere una politica intercastale attiva, anche se “il<br />
quadro de<strong>gli</strong> ufficiali continui a essere dominato – per ragioni sociali e di tradizione –<br />
dalle caste alte, e in particolare dai sikh (Armellini, 2008: 137-38). Infatti, secondo “la<br />
bizzarra dottrina delle martial races” formulata da<strong>gli</strong> inglesi, i sikh e i musulmani del<br />
Punjab avevano una ‘naturale’ attitudine al servizio militare e dopo la partizione i primi<br />
optarono per l’esercito indiano e i secondi costituirono il nucleo di quello pakistano,<br />
ruolo che ancor oggi mantengono (Rothermund, 2007: 91).<br />
Naturalmente, Nuova Delhi segue con attenzione la modernizzazione militare cinese<br />
alla quale ha risposto con una serie di riforme del proprio apparato militare<br />
(Bharatiya Sashastra), con il lancio alla fine del 2008 <strong>della</strong> prima missione lunare priva<br />
di equipaggio e con l’espansione <strong>della</strong> cooperazione militare con <strong>gli</strong> USA (Bajoria,<br />
2009). New Delhi, nota Vaghi (2009: 8), si preoccupa per la crescente presenza cinese<br />
nell’Oceano Indiano e quindi potenzia <strong>gli</strong> investimenti per la difesa, specialmente<br />
quelli dedicati alla flotta (Bharatiya Nau Sena). Oltre a proteggere le rotte del<br />
commercio estero, particolarmente quelle de<strong>gli</strong> approvvigionamenti energetici, e pattu<strong>gli</strong>are<br />
la Zona Economica Esclusiva, la marina indiana – che assorbe il 15% del<br />
bilancio <strong>della</strong> difesa – deve anche contrastare le minacce non militari, come pirateria<br />
e traffico d’armi e droghe. Chiaramente, New Delhi teme l’accerchiamento navale<br />
cinese tramite la “collana di perle”, ovvero le basi navali create da Beijing in Myanmar<br />
(isole Coco e Sittwie), in Bangladesh (Chiitagong), in Pakistan (Gwadar e Pasni),<br />
nelle Maldive (Marao) e nello Sri Lanka (Hambantota), alle quali potrebbero eventualmente<br />
aggiungersene altre sulla costa africana e nelle Seychelles. Indubbiamente,<br />
Beijing cerca di controllare le rotte dei propri rifornimenti energetici e proteggere<br />
il flusso delle proprie merci dalla crescente pirateria, ma non può escludersi che<br />
miri anche ad accerchiare l’India e a contrastare la minaccia di un eventuale blocco<br />
navale da parte <strong>della</strong> marina militare americana. Indubbiamente, Beijing e New Delhi<br />
stanno lavorando alacremente per portare Bangladesh, Myanmar, Maldive e Sri Lanka<br />
nelle rispettive aree di influenza nell’Oceano Indiano.<br />
A lu<strong>gli</strong>o 2009 New Delhi ha varato il primo sottomarino nucleare interamente realizzato<br />
in India, l’Arihant (Distruttore di nemici), un sottomarino in grado di navigare in<br />
immersione per mesi, che realizza un sogno che l’India inseguiva da più di vent’anni,<br />
quello di svincolarsi dalla dipendenza straniera per ciò che riguarda la progettazione<br />
e la realizzazione dei propri sottomarini. L’Arihant si va ad aggiungere a una flotta<br />
che conta 16 sottomarini convenzionali a propulsione diesel-elettrica ai quali a breve<br />
si uniranno sei vascelli classe Scorpène, dotati dell’innovativa tecnologia francese<br />
“air-independent propulsion” (Aip) e costruiti su licenza in India. La marina possiede,<br />
inoltre, 8 incrociatori, 13 fregate e 24 corvette, oltre a numerose unità minori e di<br />
supporto logistico. In costruzione sono la nuova portaerei classe Vikrant, che dovrebbe<br />
affiancare (o forse sostituire) l’unica portaerei ora in servizio attivo. la Ins Virata,<br />
e sottomarini nucleari. La Fincantieri italiana partecipa alla costruzione<br />
dell’apparto motore <strong>della</strong> nuova portaerei Vikrant. L’India ha inoltre acquistato dalla<br />
Russia la Ins Vikramaditya (ex russa Admiral Gorškov), una portaerei classe Kiev,<br />
modificata in Stobar (short take off but arrested recovery) e in corso di totale ammodernamento<br />
a un costo di quasi $3 miliardi che dovrebbe essere pronta nel 2015. Sarebbe<br />
azzardato, oggi, tentare di valutare quanto la competizione fra l’India e la Cina<br />
possa influire sulla crescita economica e sull’influenza internazionale dell’una o<br />
dell’altra potenza, ma è certo che i due colossi asiatici evitano, per il momento, reciproche<br />
provocazioni sul piano del confronto navale. Dopo che nell’aprile 2005 Cina e<br />
India definirono il loro rapporto come “relazione strategica e cooperativa di partenariato<br />
per la pace e la prosperità”, sono state realizzate manovre navali congiunte (la<br />
prima c’era già stata a fine 2003 in occasione <strong>della</strong> visita a Beijing del Primo ministro<br />
indiano) e, nel dicembre 2008, esercitazioni anti-terrorismo.<br />
Nel bilancio <strong>della</strong> Difesa la quota <strong>della</strong> marina è venuta crescendo dall’11% del<br />
1991-92 al 20% del 2009-10. Fino a metà 2011 l’India era l’unica potenza asiatica a<br />
possedere la portaerei Viraat (ex inglese Hermes) (ora anche la Cina ne ha una), ma