L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi
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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />
35 mesi soffre di anemia; il 33% delle donne e il 28% de<strong>gli</strong> uomini hanno una massa<br />
corporea inferiore al normale; il 36% delle donne adulte e il 34% de<strong>gli</strong> uomini adulti<br />
soffrono di stanchezza cronica; il 56% delle donne nubili e il 24% de<strong>gli</strong> uomini tra i<br />
15 e i 49 anni e il 58% delle donne in stato di gravidanza soffrono di anemia;<br />
l’anemia è aumentata dal 74 al 79% nei bambini al di sotto dei cinque anni e dal 52<br />
al 56% nelle giovani donne; il consumo calorico medio <strong>della</strong> popolazione è diminuito<br />
del 4,9% nelle aree rurale e del 2,5% in quelle urbane; disordini da carenza di iodio<br />
sono ampiamente diffusi così come diffusa è la carenza di vitamina A e B. Mentre<br />
ne<strong>gli</strong> anni ’80 la mortalità infantile era stata ridotta del 30%, a partire da<strong>gli</strong> anni<br />
’90 la riduzione non ha superato il 12,5% (Adduci, 2009: 110; e 2010: 7). Secondo il<br />
Report of the State of Food Insecurity in Rural India (WFP, 2008) la percentuale<br />
<strong>della</strong> popolazione con un inadeguato consumo di calorie si è aggirato attorno al 13%<br />
per un decennio, aumentando però in Orissa, Madhya Pradesh, Karnataka, Bengala<br />
occidentale, Rajasthan e Punjab. Il livello medio d’assunzione di calorie è rimasto lo<br />
stesso anche per il decile <strong>della</strong> popolazione con la spesa più bassa.<br />
È difficile non correlare il permanere, e spesso il peggiorare, di questa situazione<br />
con le politiche di riduzione dei sussidi alimentari a seguito <strong>della</strong> riforma liberista<br />
intrapresa dall’India, riforma che ha anche portato a una riduzione <strong>della</strong> spesa relativa<br />
ai servizi sanitari che da poco più dell’1% a metà de<strong>gli</strong> anni ’80 è passata allo<br />
0,8% all’inizio del secolo. Inoltre, data la scarsità di organizzazioni non governative,<br />
“la maggior parte dei costi relativi ai bisogni sanitari pesa oggi sul bilancio delle<br />
unità familiari” (Adduci, 2009: 109). Nonostante che non vi sia una relazione automatica<br />
tra alti livelli di crescita e salute <strong>della</strong> popolazione, occorrono politiche pubbliche<br />
che rendano più inclusivo il processo di crescita e questo non solo per quanto<br />
concerne la nutrizione, ma anche per rivitalizzare il settore agricolo.<br />
Per rassicurare quanti temono che il perseguimento di obiettivi sociali limiti la<br />
crescita economica, A. Sen (2011) paragona Cina e India – vedi Tabella 7.1 – per<br />
dimostrare come i mi<strong>gli</strong>ori risultati ottenuti dalla Cina nel campo sociale non abbiano<br />
affatto causato una crescita inferiore a quella indiana. Sen paragona poi l’India<br />
con il Bangladesh e mostra che quest’ultimo, pur avendo un reddito pro capite che è<br />
esattamente la metà di quello indiano, presenta indici spesso mi<strong>gli</strong>ori. Chiaramente,<br />
“i benefici che ci aspettiamo dalla crescita economica dipendono moltissimo da come<br />
sono spese le entrate pubbliche che quest’ultima genera”. Iscrizioni scolastiche e<br />
alfabetizzazione stanno mi<strong>gli</strong>orando e il “Right of Education Act” del 2009 dovrebbe<br />
accelerare l’universalizzazione dell’istruzione elementare. Nel 2009 il numero di<br />
bambini che non frequentavano la scuola si è ridotto a circa 8,1 milioni e ora, secondo<br />
la BM più del 98% di essi ha accesso a una scuola primaria a meno di un chilometro<br />
da casa. Resta però da sapere quanti riescano effettivamente a frequentarla.<br />
Bisogna, inoltre, considerare che, come spiega Tendulkar (2010: 96-97), anche<br />
se la disugua<strong>gli</strong>anza aumenta, non necessariamente cresce il senso d’ingiustizia perché<br />
essa diventa tollerabile se allo stesso tempo mi<strong>gli</strong>ora la mobilità sociale e aumenta<br />
la speranza di beneficiarne. Poiché non è affatto assodato che in India la mobilità<br />
sociale sia in realtà cresciuta, il fatto che nel complesso la società abbia finora<br />
accettato l’aumentata disugua<strong>gli</strong>anza, potrebbe spiegarsi con la passività generata<br />
dalla visione induista del mondo – malvagio e illusorio – e dal sistema castale, che è<br />
proprio la negazione di ogni possibile mobilità sociale, oppure si spiega con la teoria<br />
<strong>della</strong> subalternità di Bartoli, esposta nella nota 62 del cap. 1.<br />
Diventa allora difficile dissentire da Basile (2009) quando sostiene che “la società<br />
indiana contiene al suo interno i meccanismi che portano alla crescita <strong>della</strong> disu-