L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi
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La “grande Potenza povera”<br />
prietà; i vincoli di riserva obbligatoria e di liquidità; il permanere di obblighi di erogazione<br />
a favore di specifici settori; il limitato accesso permesso alle banche estere;<br />
e <strong>gli</strong> squilibri regionali nell’erogazione che tendono a penalizzare le aree rurali. Dato<br />
che il credito bancario continua a rappresentare la principale fonte di finanziamento<br />
e a pesare per più del 60% del PIL, l’India resta un paese “bancocentrico” e, quindi,<br />
le inefficienze del sistema bancario ostacolano la crescita.<br />
“Le 217 banche commerciali scheduled (di cui 133 rurali) rappresentano circa<br />
l’88 per cento delle attività del settore bancario”, ma “il settore delle banche commerciali<br />
è dominato da quelle pubbliche, che detengono i 2/3 delle attività totali, il<br />
74,7 per cento dei depositi complessivi ed erogano il 12 per cento delle anticipazioni<br />
creditizie. Le banche private detengono il 17,4 per cento delle attività totali e il 21 per<br />
cento del credito concesso in India”. Le banche straniere attualmente presenti in India<br />
sono 29, provengono da 19 paesi, hanno 258 filiali e rappresentano il 6% circa delle<br />
attività totali. Indubbiamente, non sembra che l’India abbia finora dimostrato “un forte<br />
interesse ad aprire il suo sistema bancario alle acquisizioni di operatori bancari stranieri”<br />
(Chiarlone, 2008: 93 e 95). Dal 2005, l’indebitamento totale delle banche è triplicato,<br />
ma anche se i debiti lordi in sofferenza si sono ridotti, le misure previste per<br />
far fronte a questi debiti sono inferiori a quelle di <strong>altri</strong> paesi. L’indebitamento indiano<br />
totale non supera il 55% del PIL, ma l’aumento dei tassi d’interesse potrebbe creare<br />
problemi a molti debitori e di conseguenza avere un effetto negativo sulle attività economiche,<br />
come sembra stia già accadendo con l’arresto di vari progetti infrastrutturali.<br />
Nonostante la progressiva deregolamentazione. le banche possono collocare liberamente<br />
solo il 41% dei propri assets, una percentuale che da tempo vari comitati governativi<br />
hanno suggerito di aumentare (OECD, 2007: 7).<br />
Sfortunatamente, però, “l’aumento <strong>della</strong> profondità del sistema bancario non<br />
sembra avere significativamente accentuato l’accesso al credito dell’India rurale”,<br />
cioè la bancarizzazione delle zone rurali, dove risiede più di due terzi <strong>della</strong> popolazione,<br />
per cui il sistema bancario indiano “sembra meno sviluppato di quello di <strong>altri</strong><br />
paesi emergenti”. Inoltre, la profittabilità e la stabilità bancaria indiana presentano<br />
“un quadro problematico” – sia il return on asset e il return on equity sono molto<br />
bassi – anche se i dati più recenti registrano un significativo mi<strong>gli</strong>oramento nella<br />
profittabilità. Il fatto poi che “le cinque principali banche indiane rappresentano solo<br />
il 36 per cento del totale dell’attivo”, dimostra la notevole frammentazione del sistema,<br />
mentre “l’esclusione finanziaria delle fasce di popolazione più povere e delle<br />
zone rurali rimane significativa” (Chiarlone, 2008: 86 e 90-92 e 97-98). La liberalizzazione<br />
del settore finanziario ha comportato una progressiva deregolamentazione,<br />
con conseguente perdita da parte dello stato del controllo sull’allocazione del credito,<br />
e l’accresciuta presenza delle banche private e di quelle straniere ha certamente<br />
prodotto la trasformazione di questo settore.<br />
* * *<br />
I mercati dei capitali indiani sono ben regolati e funzionano bene, in parte perché<br />
furono aperti – specialmente quello azionario, e poi anche quello obbligazionario –<br />
a<strong>gli</strong> investitori esteri subito dopo l’inizio del processo di liberalizzazione, e in parte<br />
perché sono stati progressivamente rimossi i limiti alla partecipazione straniera.<br />
Un’apertura che ha certamente contribuito alla loro efficienza (Prasenjit Basu,<br />
2005:34), anche se la maggior parte dei risparmi familiari continua a essere investita<br />
in depositi bancari, fondi di previdenza pubblici, assicurazioni e semplici strumenti<br />
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