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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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5.3 L’INDIA E L’ITALIA<br />

262<br />

L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

I rapporti bilaterali tra i due paesi iniziarono nel 1952 con uno scambio di lettere,<br />

seguito due anni dopo da un accordo commerciale e dall’accordo di cooperazione<br />

economica del 1955 al quale, ne<strong>gli</strong> anni successivi si aggiunsero una serie di scambi<br />

di note e MOU. Nel 1963 l’Italia entrò a far parte dell’“Aid India Club”, dal 2000 i<br />

due paesi tengono vertici annuali, l’ultimo ha avuto luogo a New Delhi alla fine del<br />

2011, e hanno raggiunto una partnership strategica, per cui l’Italia è entrata a far parte<br />

del ristretto numero di paesi con i quali l’India ha finora stabilito un tale legame.<br />

L’interscambio è restato per molti anni abbastanza modesto (media annua di €133<br />

milioni ne<strong>gli</strong> anni ’70 e €484 ne<strong>gli</strong> ’80), poi è passato a €1,7 miliardi ne<strong>gli</strong> anni ’90,<br />

€3,8 nel 2001-07 e €6,4 nel 2008-10 con un piccolo saldo negativo per l’Italia. Ma<br />

poiché i flussi commerciali non rappresentano più dell’1% del totale delle esportazioni<br />

come delle importazioni italiane, potrebbero crescere ancora. Nel 2010<br />

l’interscambio ha raggiunto i €7,2 miliardi, superando i valori precedenti la crisi e<br />

l’Italia è diventata il quarto partner commerciale dell’India tra i paesi dell’UE che<br />

complessivamente è il primo partner commerciale di quel paese. A partire dal 2005<br />

c’è stato un vero e proprio boom delle esportazioni dell’Italia, il cui saldo, tradizionalmente<br />

negativo, si è ridotto notevolmente. Le principali esportazioni sono quasi per<br />

la metà macchine industriali e relativa componentistica, seguite a distanza da metalli e<br />

prodotti in metallo, apparecchiature elettroniche e di precisione. Scarsi sono i beni di<br />

consumo e anche se aumentato l’abbi<strong>gli</strong>amento resta una piccola voce. Più diversificate<br />

sembrano le importazioni italiane: la voce più importante è metallo e prodotti<br />

in metallo, seguita da tessile, abbi<strong>gli</strong>amento, cuoio e calzature, prodotti chimici,<br />

macchine e apparecchi meccanici, macchine elettriche e di precisione (Mazzetti,<br />

2009: 44-49).<br />

Le grandi imprese italiane – FIAT, Piaggio, Montecatini, SAE, Olivetti, Pirelli,<br />

Innocenti e Ansaldo – hanno dato un importante contributo alle prime fasi del processo<br />

d’industrializzazione indiano, mentre ENI e IRI erano attive nei grandi lavori<br />

e Snia Viscosa nelle fibre sintetiche. La presenza italiana si ridusse notevolmente a<br />

partire dalla seconda metà de<strong>gli</strong> anni ’80 ed è tornata a espandersi solo dopo il 2003<br />

con la joint venture <strong>della</strong> FIAT con il gruppo Tata, con l’espansione di Piaggio e<br />

Carraro e l’arrivo di Generali e Lavazza. È anche aumentata la presenza delle medie<br />

imprese di meccatronica, componentistica auto, tessile e calzaturiero, mentre le Pmi<br />

continuano a trovare difficile operare nel contesto indiano, anche se proprio loro<br />

fornendo beni strumentali partecipano a “un processo di delocalizzazione su filiere<br />

produttive integrate”. L’India, quindi, non è più terra di delocalizzazione tradizionale,<br />

ma offre interessanti opportunità di soddisfare l’emergente classe media che aspira<br />

a “uno stile di vita consumistico e occidentale” (Toscano, 2009: 162-63).<br />

Scarse le imprese italiane che si sono avventurate nel settore dei beni di consumo,<br />

salvo l’arrivo nel 1965 <strong>della</strong> Bisleri per le acque minerali – ma acquistata da un<br />

gruppo indiano nel 1969 –, <strong>della</strong> Perfetti e di Benetton ne<strong>gli</strong> anni ’90 e <strong>della</strong> Lavazza<br />

e, nel settore dei servizi, delle Assicurazioni Generali nel 2007.<br />

I rapporti tra i due paesi continuano a basarsi essenzialmente sull’esportazione<br />

italiana di tecnologie per beni capitali, di meccanica, di grandi lavori e beni di consumo<br />

durevoli (in particolare auto e moto) e sull’importazione di semilavorati e lavorati<br />

nel settore del tessile, del cuoio e <strong>della</strong> chimica (Mezzetti, 2009: 21). Gli anni<br />

’60 “sono comunque un periodo di forte interesse da parte del sistema Italia verso<br />

l’India che per un breve periodo rappresenta il secondo mercato asiatico per le no-

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