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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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La politica estera indiana e la governance globale<br />

acqua e fertilizzanti si stima stia costando all’India un 20% del suo annuale raccolto<br />

agricolo, una crisi che ha spinto metà de<strong>gli</strong> agricoltori a indebitarsi, abbandonare il<br />

lavoro agricolo e perfino a suicidarsi (Nilekani, 2009: 414-15).<br />

Le polveri generate dalla grande e mal regolata industria carbonifera tingono di<br />

ruggine il cielo di gran parte dell’India centrale, mentre le scorie lasciate all’aperto<br />

provocano desertificazione. La distruzione ambientale creata dall’estrazione di carbone<br />

ha alimentato la rabbia dei contadini di queste regioni e contribuito all’ascesa del<br />

movimento naxalita (vedi Approfondimento 3 a p. 51). Infatti, dipendendo essenzialmente<br />

dall’ambiente, le comunità tribali e contadine sono pronte a battersi per proteggere<br />

le risorse naturali, particolarmente quelle di proprietà comune (commons).<br />

Se a tutto questo si aggiunge la rapida urbanizzazione che sta avendo luogo e<br />

l’enorme pressione che questa opererà sulle risorse naturali è chiaro che la relazione tra<br />

crescita e ambiente pone questioni ormai ineludibili che riguardano non solo le misure da<br />

prendere, ma specialmente la loro applicazione. Di conseguenza, ogni strategia ambientale<br />

deve cercare di combinare crescita e sostenibilità 13 , ma in India la politica di sviluppo<br />

perseguita si sta rivelando sempre meno sostenibile. Avviata con l’indipendenza, questa<br />

politica di sviluppo ha incoraggiato un’industrializzazione di stampo capitalistico attraverso<br />

la costruzione di grandi dighe – che nella”Rivoluzione verde” si sono rivelate<br />

poco utili, perché i loro irregolari e inaffidabili rifornimenti hanno reso necessario il ricorso<br />

al pompaggio dell’acqua sotterranea –, di grandi impianti energetici e di estrazione<br />

su vasta scala di risorse naturali, tra cui l’uranio che alimenta le centrali nucleari.<br />

La posizione tenuta dall’India ne<strong>gli</strong> ultimi vent’anni nei negoziati multilaterali<br />

relativi al cambiamento climatico si è articolata attorno al principio di “comune ma<br />

differenziata responsabilità”, principio, condiviso da tutti i PVS, secondo i quali il<br />

problema è stato creato nel tempo dall’industrializzazione dei paesi sviluppati che,<br />

quindi, devono farsi carico di affrontarlo, mentre compito dei PVS è lo sviluppo economico<br />

per cui ogni loro azione di riduzione delle emissioni di carbonio può solo<br />

essere volontaria.<br />

Per queste ragioni l’India non ha avuto una politica interna sulle emissioni, salvo<br />

brevi accenni al problema che si trovano nella sua politica energetica e in quella forestale.<br />

Finalmente, a giugno 2008 il governo ha presentato il “National Action Plan on<br />

Climate Change” che elabora un quadro di riferimento concreto per affrontare il cambiamento<br />

climatico all’interno del paese e ripete la promessa, già fatta dal Primo ministro<br />

Singh, di mantenere emissioni pro capite allo stesso livello di quelle medie dei paesi<br />

sviluppati, senza però accettare impegni obbligatori riguardo eventuali ta<strong>gli</strong>. Inoltre, i<br />

leader indiani chiedono accesso alle tecnologie europee per fare un uso più efficiente<br />

dell’energia, limitare l’inquinamento e ridurre le emissioni di gas serra.<br />

La posizione indiana è cambiata anche in ambito internazionale, quando al vertice<br />

di Copenhagen (dicembre 2009) New Delhi si associò a un gruppo di paesi, PVS e non<br />

PVS, che s’impegnavano a ridurre volontariamente entro il 2020 le emissioni di GHG<br />

del 20-25% al di sotto del livello raggiunto nel 2005. Non chiedendo in cambio alcun<br />

13 La questione <strong>della</strong> sostenibilità <strong>della</strong> politica globale relativa al clima implica “la rinascita<br />

<strong>della</strong> geoeconomia e <strong>della</strong> <strong>geopolitica</strong>. Infatti, la competizione per le risorse e le riserve<br />

energetiche (particolarmente in Africa, America Latina, Asia centrale e Russia) giocherà<br />

un ruolo centrale nel mo<strong>della</strong>re la futura costellazione di potere. E più conflittuale<br />

sarà questo processo, con maggiore probalità la lotta alla povertà cadrà vittima delle politiche<br />

regionali con le quali le grandi potenze cercheranno di appropriarsi delle risorse neceasarie”<br />

(Humphrey e Messner, 2006: 4).<br />

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