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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e i suoi “vicini”<br />

furono <strong>altri</strong> momenti di tensione. A ogni modo si cominciarono a introdurre misure<br />

di confidence-building ed esercitazioni militari congiunte di basso livello, fino<br />

all’“Accordo per un partenariato strategico e di cooperazione” dell’aprile 2005, firmato<br />

durante l’importante visita in India del Primo ministro Wen Jiabao, quando fu<br />

anche raggiunto l’accordo circa i parametri politici e i principi da seguire per la definizione<br />

delle frontiere. L’attuale confine tra India e Cina (4057 km) segue la “Line<br />

of Actual Control” (LAC) che tocca <strong>gli</strong> stati settentrionali indiani: Ladakh e Kashmir<br />

a occidente, Uttarakhand e Himachal nel mezzo e Sikkim e Arunachal Pradesh<br />

a oriente. Ma ne<strong>gli</strong> anni successivi il clima cambiò di nuovo quando Beijing<br />

cominciò a rivendicare i diritti sull’intero Arunachal Pradesh – non solo l’area di<br />

Tawang 25 il cui possesso, essendo il luogo di nascita del sesto Dalai Lama, rafforzerebbe<br />

il controllo sul buddhismo tibetano che decisamente rappresenta la maggiore<br />

minaccia al Tibet cinese – e ad argomentare che essendo questo stato parte del territorio<br />

cinese i suoi abitanti non hanno bisogno del visto per entrare in Cina. A peggiorare<br />

la situazione, a queste rivendicazioni si sono aggiunte la repressione delle<br />

manifestazioni in Tibet nel marzo 2008 e il numero crescente di piccole incursioni<br />

lungo i confini. La questione è ulteriormente complicata da considerazioni geopolitiche<br />

e strategiche in quanto il territorio dell’Arunachal Pradesh avvicina il Tibet al<br />

Golfo del Bengala. Indubbiamente, l’aggressivo atteggiamento cinese risve<strong>gli</strong>a nella<br />

popolazione e nelle istituzioni indiane la mai sopita sfiducia verso la potenza vicina.<br />

Tuttavia una delle maggiori fonti di preoccupazione per l’India è rappresentata<br />

dal forte interesse dimostrato per l’esplorazione petrolifera nell’Oceano Indiano dalla<br />

Cina che inoltre dal Bangladesh ha già avuto concessioni per esplorare e sviluppare<br />

bacini di gas naturale nel Golfo del Bengala. Poiché i dissensi tra New Delhi e<br />

Rangoon (Yangon) hanno a lungo impedito la cooperazione sul tema energetico, la<br />

prima ha messo da parte le obiezioni verso la giunta militare birmana e ha cominciato<br />

a trattare direttamente con essa e per ingraziarsela è arrivata fino a opporsi alla<br />

mozione di censura voluta da Washington contro il regime (Pant, 2008: 161). La relazione<br />

bilaterale India-Cina va, però, guardata considerando contemporaneamente<br />

anche i rispettivi rapporti con <strong>altri</strong> stati, particolarmente quelli vicini, con <strong>gli</strong> USA, e<br />

con la partecipazione dei due paesi a organismi regionali e internazionali. Infatti, se<br />

l’antagonismo reciproco non accenna ad affievolirsi, questo dipende anche dal fatto<br />

che le rispettive sfere d’influenza si sovrappongono.<br />

I due giganti emergenti hanno già guerreggiato lungo i loro estesi e montuosi<br />

confini, in gran parte ancora non ben definiti e accanitamente contesi, per cui non è<br />

da escludere che possano scoppiare nuovi conflitti, con devastanti effetti<br />

sull’economia globale. Le dispute territoriali continuano a turbare le relazioni tra<br />

Nuova Delhi – che ha ammassato circa 100 mila soldati nello stato di Arunachal<br />

Pradesh – e Beijing che a sua volta ha sempre appoggiato il Pakistan nella disputa<br />

riguardante il Kashmir. E poiché la Cina non può aspettarsi che l’India accetti condizioni<br />

umilianti, non fa progredire i negoziati per le frontiere e aspetta che si crei<br />

una situazione che le permetta di ottenere tutto, o molto, di quello che vuole. Allo<br />

25 La valle di Tawang, che le truppe indiane controllano solo dal 1951, interessa la Cina,<br />

perché è un importante centro <strong>della</strong> cultura buddista tibetana che Beijing cerca di controllare<br />

e potrebbe avere un ruolo determinante nella successione del Dalai Lama, specialmente<br />

se l’attuale decidesse, come ha lasciato intendere, di reincarnarsi fuori dei confini<br />

del Tibet (TE, 21.08.2010). In ogni modo, l’asilo offerto al Dalai Lama è un grosso ostacolo<br />

al mi<strong>gli</strong>oramento dei rapporti e alla definizione delle frontiere tra i due paesi.<br />

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