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L'India e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica - Ispi

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L’India e <strong>gli</strong> <strong>altri</strong><br />

serie deficienze e scarsi incentivi per l’efficienza e la riduzione dei costi e<br />

scarse risorse per manutenzione e mi<strong>gli</strong>oramento tecnologico. Solo una parte<br />

<strong>della</strong> vasta rete ferroviaria è stata elettrificata e la quota del trasporto per ferrovia<br />

si è ridotta dall’80% al 50% del totale movimento di merci. Questo è dovuto<br />

al fatto che mentre le tariffe per i passeggeri non sono economiche, quelle per le<br />

merci sono eccessive. L’India è forse l’unico paese che non ancora fatto delle<br />

ferrovie un’impresa pubblica, ma le gestisce come un monopolio governativo.<br />

Recentemente si è fatto un qualche tentativo di mi<strong>gli</strong>orare la situazione, ma con<br />

politiche che sono reversibili e non assicurano continuità, la partecipazione privata<br />

è restata quasi nulla. Competitori privati sono stati ammessi solo per quanto<br />

concerne la proprietà e le operazioni dei treni di container.<br />

(vi) Il trasporto urbano, da molte decadi dimenticato, nelle grandi città è affidato<br />

principalmente a<strong>gli</strong> autobus e solo recentemente si è cominciato a introdurre il<br />

sistema di rapido trasporto di massa. Il primo in funzione è stato quello di<br />

New Delhi, a cui ora si è aggiunto quello di Bangalore appena inaugurato.<br />

Nelle città minori il trasporto pubblico è inesistente.<br />

(vii) Il settore delle telecomunicazioni “è considerato un successo di dimensioni internazionali”<br />

che grazie alla concorrenza e ai rapidi progressi <strong>della</strong> tecnologia<br />

ha permesso alla densità telefonica di passare da 4,3% nel 2002 al 74% ad agosto<br />

2011, mentre quella <strong>della</strong> telefonia mobile ha raggiunto il 72%, pari a 852<br />

milioni di utenti. Tale successo non è dipeso dall’assenza di regolamentazione,<br />

ma dall’assenza di operatori che potessero ostacolarlo e dal fatto che <strong>gli</strong> investimenti<br />

necessari non erano alla portata delle imprese pubbliche del settore.<br />

L’analisi di Haldea (2010: 273-74 e 276) evidenzia che “il settore pubblico, in<br />

effetti, ha cessato di essere responsabile…, la sua attenzione rivolta più alle procedure<br />

che ai risultati” e con un comportamento sempre più simile a quello sviluppatosi<br />

sotto il Licence Raj, che ora si materializza con contratti tipicamente discrezionali<br />

che facilitano clientelismo e corruzione, con inevitabili aumenti di tempi di esecuzione<br />

e costi dei progetti. “Lo stato sembra aver perso l’abilità di gestire efficientemente<br />

il suo settore pubblico”.<br />

Il fatto che sia difficile spiegare come un’infrastruttura fisica che probabilmente<br />

è la più povera dell’Asia orientale non abbia impedito all’India di crescere<br />

nell’ultimo decennio a un tasso inferiore solo a quello cinese e vietnamita, fa però<br />

dubitare che il “miracolo” possa continuare a lungo.<br />

* * *<br />

Le riforme investirono anche il sistema fiscale, per cui le tasse indirette vennero<br />

ridotte in maniera sostanziale e quelle dirette razionalizzate. Tali cambiamenti, però,<br />

non fecero subito aumentare le entrate pubbliche, che solo recentemente godono de<strong>gli</strong><br />

effetti positivi <strong>della</strong> semplificazione <strong>della</strong> tassazione diretta dei redditi sia personali<br />

che d’impresa, dell’ampliamento <strong>della</strong> base impositiva e del sensibile mi<strong>gli</strong>oramento<br />

dell’amministrazione fiscale. Le entrate fiscali generate dall’imposizione diretta<br />

cominciarono a crescere ne<strong>gli</strong> anni ’90 e nel 2006 hanno rappresentato più <strong>della</strong> metà<br />

del totale gettito fiscale. La crescita del reddito dei contribuenti ha facilitato il compito<br />

del governo centrale di realizzare maggiori cambiamenti strutturali in questo campo,<br />

compreso quello di privilegiare l’imposizione diretta su quella indiretta, facilitando<br />

così i contatti dei mercati interni con l’economia globale (Nilekani, 2009: 259). Frattanto,<br />

la percentuale delle tasse del governo centrale sul PIL è gradualmente cresciuta

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