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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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I re saggi e le leggi nella tradizione cinese e in quella greca 105<br />

quando spiegano l’evoluzione di sistemi politici molto diversi in <strong>Cina</strong> e nell’Occidente<br />

4 . La legge, in Occidente, è stata collegata di volta in volta con la divinità, con<br />

la limitazione del potere reale, con istituzioni create per proteggere i diritti degli<br />

individui — diritti dati da Dio — e nei tempi moderni con gli sforzi degli specialisti<br />

in giurisprudenza per risolvere i conflitti in modo giusto ed equo. E, nonostante<br />

i cambiamenti di significato e di funzione nel corso del tempo, in Occidente il<br />

diritto è sempre stato visto come una forza positiva. Per san Tommaso d’Aqui no,<br />

ad esempio, la legge divina era il metro di giudizio più alto per giu dicare le autorità<br />

secolari, ma egli rispettava anche le leggi promulgate dallo stato per mantenere<br />

l’ordine. La sua definizione <strong>della</strong> legge come «un decreto <strong>della</strong> ragione per il bene<br />

comune, scritto da chi si cura <strong>della</strong> comunità, e promulgato» suona ancora vera per<br />

quanti di noi sono im pregnati di valori occidentali 5 .<br />

Viceversa, la tradizione cinese dominante riteneva che la legge non fosse un<br />

dono degli dèi, ma una caratteristica di tribù barbare la cui cul tura si era sviluppata<br />

all’esterno del mondo civile. Ancor oggi, i testi correnti di storia cinese descrivono<br />

la legge in <strong>Cina</strong> come un semplice strumento amministrativo usato dal governante<br />

e dai suoi magistrati per tenere sotto controllo una popolazione ribelle. I filosofi legisti<br />

6 , che di fesero con veemenza l’importanza di leggi severe, sono ancora oggetto<br />

di biasimo per avere formulato una teoria e una pratica del diritto che ponevano il<br />

governante al di sopra delle leggi, dato che lui e i suoi fun zionari potevano formularle<br />

a volontà, senza considerazione per la mo ralità e la tradizione. Al loro confronto<br />

i confuciani, che tenevano in gran conto l’efficacia del rituale e <strong>della</strong> guida<br />

da parte di un leader be nevolo, sembrano idealisti ingenui che non capivano la necessità<br />

di leg gi. Entrambi i giudizi sono troppo riduttivi, ma ci sono radici storiche<br />

che spiegano come siano nate queste immagini distorte <strong>della</strong> tradizione classica.<br />

Anche se i confuciani erano altrettanto ansiosi di imporsi sulla<br />

vita politica, i funzionari legisti si trovarono in una posizione miglio-<br />

re per mettere in pratica le loro idee politiche. Lo stato del Ch’in divenne il<br />

4 Un recente articolo di William Alford si oppone all’ipotesi che la <strong>Cina</strong> fu incapace, a causa<br />

deí suoi assunti di base e delle sue tradizioni classiche, di concepire l’idea di «domi nio <strong>della</strong> legge» ín<br />

senso occidentale. Si veda William P. Alford, «The Inscrutable Occiden tal? Implications of Roberto<br />

Unger’s Uses and Abuses of the Chinese Past» in Texas Law Review, LCIV, 1986, pp. 915-72.<br />

5 Tommaso d’Aquino, Summa Theologica, trad. ingl. dei Fathers of the Dominican Pro vince, parte<br />

2:1, quesito 90, articolo 4; rist. nella serie The Great Books of the Western World, vol. 20, Chicago,<br />

Encyclopedia Britannica, 1952, p. 208.<br />

6 Si veda la voce Signore di Shang nel Glossario.

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