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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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306 Michael Sullivan<br />

tali. A un occhio occidentale inesperto, tutti i dipinti cinesi sembrano uguali, forse<br />

anche perché sono sempre dipinti con pennello e inchio stro sulla seta o sulla<br />

carta; i tipi di materiali impiegati dall’arte occi dentale sono molto più vari. Ma<br />

quando esaminiamo l’intera gamma da destra a sinistra, ossia, tanto per dire, dalla<br />

pittura figurativa conservativa, didattica e confuciana di maestri come Li Lungmien<br />

(circa 1040-1106) a un estremo, fino al libero, disinibito gesto del pennello<br />

di un « taoi sta » come Chu Ta (1625­1705?) all’estremo opposto, troviamo<br />

un più vasto campo di tecniche e di espressioni in quel solo tipo di pittura che<br />

nell’arte occidentale di qualsiasi periodo, fino al termine del secolo XIX. Si deve<br />

osservare, comunque, che anche se il campo dell’espressione for male nella pittura<br />

cinese tradizionale è ampio, il campo degli argomenti è molto più limitato<br />

di quello <strong>della</strong> pittura occidentale. Molti spunti dei dipinti degli artisti occidentali<br />

— la guerra, la violenza nelle sue molte forme, la morte, i paesaggi urbani, i lati<br />

sgradevoli <strong>della</strong> vita, per citar ne alcuni — (con rarissime eccezioni) per un pittore<br />

cinese sarebbero spunti inconcepibili. L’arte non è fatta per dipingere quelle cose.<br />

La pittura di corte e quella dei professionisti che presero dagli artisti di corte<br />

le tecniche e i modelli tendevano naturalmente a essere artigia nali, meticolose,<br />

impersonali, e cercavano di ottenere un alto grado di realismo (si veda la<br />

fig. 28). Spesso, in questa tradizione, la personalità dell’artista è così poco appariscente<br />

da essere appena distinguibile. Questo vale tanto per un pittore di corte<br />

<strong>della</strong> dinastia T’ang, come Chang Hsuan, quanto per l’anonimo pittore di<br />

corte del ritratto dell’imperatore K’ang hsi (si veda la fig. 18). I paesaggisti <strong>della</strong><br />

tradizione di corte, nella loro ricerca dell’accuratezza visiva, accolsero con favore<br />

alcune tecniche eu ropee (o almeno fecero qualche timido esperimento<br />

con esse) quando le incontrarono per la prima volta nel secolo XVII. Invece i<br />

letterati, per la maggior parte, non si occuparono dell’arte occidentale. Il realismo,<br />

per loro, era una cosa che riguardava gli artigiani, non i gentiluomini.<br />

Quando ci allontaniamo dalla corte e dalle botteghe degli artisti pro fessionisti<br />

ed entriamo nell’ambiente dei letterati, ci troviamo in un mon do completamente<br />

diverso: un mondo dove ogni suggerimento di pro fessionismo deve essere evitato,<br />

o nascosto astutamente dietro un arcai smo giocoso o dietro una pretesa di<br />

goffaggine; un mondo in cui il tocco del pennello dell’artista, come quello del<br />

pianista, è il veicolo del signi ficato, perché lo spunto in sé — paesaggi, bambù,<br />

uccelli e fiori — è pura mente convenzionale, addirittura bolso. In queste opere,<br />

molte cose ven gono taciute. Per lo studioso-poeta, che scrive per altri studiosipoeti,<br />

un accenno è sufficiente. Dire più del minimo necessario equivale a ri-

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